Il 27 gennaio è il giorno della memoria, per ricordare l’olocausto,Gabriella Paci

L’anima voleva essere pietra

Questa poesia vuol essere appunto un richiamo a ricordare..

In quei giorni d’attesa del niente

dove c’era timore del tempo che ladro

rubava  la vita nella carne diventata

solo pelle attaccata al respiro,

l’anima voleva  essere pietra per non

sentire l’agonia delle ore nel vibrare

del cuore devastato dal dolore per chi

era ormai solo cenere nel vento dispersa.

L’anima voleva  essere pietra per non

vedersi morire ogni volta in uno sguardo

che si specchiava nel fango e non era

più quello di un uomo vero nell’inferno

di terra dove era scritta una storia d’orrore

con l’inchiostro del sangue che scolorava

della neve caduta  il biancore …

e nell’aria vibrava un acuto dolore

Ecco   l’anima voleva essere pietra diventata

 ora lapide e sull’epitaffio solo un nome : pietà.

Tu che passi nel campo di morte,non

scordare di mettere un fiore sulla pietra

che ha visto morire tanti agnelli sbranati

che chiedono di non essere dimenticati.

Auschwitz -.

Il nostro tempo di Carlos Drummond De Andrade

dal Brasile uno tra i più grandi

almerighi

Carlos Drummond de Andrade (Itabira, 31 ottobre 1902 – Rio de Janeiro, 17 agosto 1987) è stato un poeta e scrittore brasiliano, considerato uno dei più influenti del suo tempo.

Questo è tempo di partito
tempo di uomini divisi.

Invano percorriamo volumi
viaggiamo e ci coloriamo.
L’ora presagita si sgretola in polvere per la via.
Gli uomini chiedono carne. Fuoco. Scarpe.
Le leggi non bastano. I gigli non nascono
dalla legge. Il mio nome è tumulto, e si scrive nella pietra.

Visito i fatti, non ti trovo.
Dove ti nascondi, precaria sintesi
pegno del mio sonno, luce
addormentata accesa sulla veranda?
Minuscole certezza in prestito, nessun bacio
mi risale la spalla per raccontarmi
la città degli uomini completi.

Taccio, aspetto, decifro.
Può darsi che le cose migliorino.
Sono così forti le cose!
Ma io non sono le cose e mi rivolto.
In me ci sono parole che cercano un canale

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DOMUS ROMANE DI PALAZZO VALENTINI, di Silvia De Angelis

Un affascinante percorso sotterraneo nella Roma dell’età imperiale, vero e proprio centro nevralgico della vita culturale e politica dell’Urbe. A due passi dal Foro di Traiano, durante i lavori di scavo e riqualificazione del 2005, tra i cinque e i sette metri al di sotto del cinquecentesco Palazzo Valentini, viene alla luce una straordinaria area archeologica costituita da due dimore patrizie risalenti al IV secolo d.C., dotate di un’area termale privata, e appartenenti a influenti famiglie dell’epoca. Nel corso dei secoli, l’aspetto originario delle sale è stato modificato da muri medievali e rinascimentali che, comunque, consentono di ricostruire un importante tassello della topografia antica di questa zona. L’area delle terme private, inoltre, era piena di detriti dovuti al crollo del piano superiore, dovuto forse a un terremoto avvenuto nel 538 d.C. Sono presenti, infatti, delle fratture orizzontali nelle lastre marmoree e delle tracce di un incendio scatenatosi probabilmente dopo il sisma. Attraverso l’accurata ricostruzione multimediale e alla computer grafica curate da Piero Angela, Paco Lanciano e da un’équipe di tecnici ed esperti, oggi è possibile rivivere la magnificenza delle Domus, appartenute alle nobili famiglie romane che vi avevano stabilito la propria dimora. Le strutture murarie, gli ambienti, le terme, le decorazioni e gli arredi, rinascono e accompagnano il visitatore in un suggestivo viaggio virtuale all’interno della Roma imperiale. L’installazione di una pavimentazione trasparente gli permette, inoltre, di camminare come sospeso su questo straordinario sito e, attraverso dei giochi di luce, ricostruzioni virtuali, effetti grafici e filmati, di ammirare i suoi ambienti immergendosi completamente nell’atmosfera dell’antica Roma. La visita inizia dal complesso termale delle Piccole Terme di Traiano, nella cui piscina centrale i padroni di casa potevano rilassarsi dopo la palestra. Le piscine erano dotate di impianto idrico privato, un lusso che solo i cittadini più abbienti potevano permettersi. Si prosegue entrando nel laconicum, una sauna in cui la temperatura raggiungeva i 50 gradi, grazie a una fornace alimentata dalla legna bruciata dagli schiavi. Le altre vasche delle terme: il calidarium, il tepidarium e il frigidarium, erano utilizzati per adattare il corpo ai diversi livelli di calore. Nel frigidarium è stata rinvenuta la testa marmorea della dea Minerva risalente al I secolo d.C. che costituiva già un’antichità per l’epoca. Dalle terme si accede direttamente alla casa patrizia e in uno dei suoi salotti la cui pavimentazione e le pareti sono rivestite di pregiati marmi policromi. Dalla rimozione dei detriti utilizzati per riempire il terreno prima della costruzione di Palazzo Valentini è emersa una porzione di strada romana in basolato del I secolo d.C. composta da grandi blocchi di pietra spessi 30 centimetri e del peso variabile tra i 50 e i 300 kg. Nella stessa area sono state rinvenute anche due statue romane. Una scala monumentale portava al piano superiore della domus dove si trovavano delle camere da letto di dimensioni piuttosto contenute. Le domus erano dotate anche di una biblioteca per lo studio e la lettura dei papiri, nonché di una grande cucina. Il salone della seconda domus presenta uno straordinario pavimento a mosaico con disegni geometrici e floreali, in seguito tagliato in due dal muro cinquecentesco del palazzo. Per realizzarlo ci sono volute circa mezzo milione di tessere e centinaia di migliaia di tasselli. Un altro mosaico si trova nella stanza adiacente che probabilmente esibiva un colonnato che si apriva verso giardini della casa. Il materiale di risulta degli scavi è organizzato in una piccola esposizione museale e contribuisce a tracciare usi e costumi delle varie epoche attraversate dall’edificio. Il percorso di visita culmina in un grande plastico ricostruttivo dell’area in età romana e delle fasi attraversate da Palazzo Valentini, grazie al quale il visitatore può rivivere il contesto urbano dell’epoca con le sue stratificazioni storiche. Le foto sono di proprietà dell’Amministrazione della Città Metropolitana di Roma Capitale(WEB)