Poeti. Albert CamusCamus: “Quel poco che so della morale l’ho appreso sui campi di calcio e le scene di teatro – le mie vere università”, di Imma Paradiso

Alessandria, post pubblicato a cura di Pier Carlo Lava 

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“Quel poco che so della morale l’ho appreso sui campi di calcio e le scene di teatro – le mie vere università”

Solo un poeta, beffandosi di una società intellettuale che condanna la passione per il calcio in nome di una presunta e mai dimostrata inferiorità spirituale rispetto al balletto classico, alla musica dodecafonica e alle sfilate di moda, ha avuto la faccia tosta di ammettere che quel poco che sa della morale lo ha appreso sui campi di calcio, la sua vera università. Questo temerario è stato Albert Camus, Nobel per la letteratura nel 1957. Albert Camus, il celebre scrittore francese nato in Algeria nel 1913, ha giocato a calcio, come portiere, nel Racing universitario algerino e, secondo alcune voci, anche nella nazionale algerina durante dei campionati mondiali. Se non si fosse ammalato di tubercolosi, forse non avrebbe fatto lo scrittore-filosofo e avrebbe continuato a giocare. Fu la fine della sua giovinezza e l’inizio di quella che per lui divenne una vita monca. Nel 1930 la tubercolosi era ancora una malattia senza cura e questo segnò per sempre la visione del mondo che Camus ebbe della vita: un delicato equilibrio tra l’Assurdo e la Contraddizione. Si gettò a capofitto nella politica, nell’impegno civile e, soprattutto, nella scrittura.

Ma il calcio fu qualcosa di cui Camus non si libererò mai. Infatti la notizia della vittoria del premio lo raggiunge in uno stadio, al Parco dei Principi, mentre assiste a Racing Paris-Monaco. Un giornalista della televisione francese gli chiede di commentare una papera del portiere parigino. “Non diamogli addosso”, è la risposta: “È quando sei in mezzo al campo che capisci quanto sia difficile”. da ragazzino, in Algeria, giocava in porta perché, avendo solo un paio di scarpe, le avrebbe consumate di meno. Venendo da una famiglia povera, non poteva concedersi il lusso di correre nei campi: ogni sera la nonna gli ispezionava le suole e, se le avesse trovate danneggiate, lo avrebbe picchiato. Quei pomeriggi passati a respingere palloni come, più avanti, le insidie della vita, gli hanno insegnato che i colpi più pericolosi non arrivano mai da dove ci si aspetta. Memore di questa esperienza, con i soldi del Nobel acquisterà una tenuta a Lourmarin, nel Lubéron, dove trascorrerà le domeniche guardando i ragazzi della squadra locale allenarsi o giocare contro i villaggi vicini, arrivando persino a sponsorizzarli e a pagare loro le maglie. E così può ripensare agli amici d’infanzia, alle partite per strada, alla povertà che gli appariva naturale e ovvia come l’aria stessa di questo mondo, a tutto quello che ha perso e che si illude di ritrovare quando una rete si gonfia e i ragazzi esultano. Non è la stessa cosa ed è sempre più difficile, ma può bastare per riempire il cuore di un uomo che è stato bambino.

“Non c’è un altro posto del mondo dove l’uomo è più felice che in uno stadio di calcio”.

Albert CamusCamus

Mia cara,

nel bel mezzo dell’odio

ho scoperto che vi era in me

un invincibile amore.

Nel bel mezzo delle lacrime

ho scoperto che vi era in me

un invincibile sorriso.

Nel bel mezzo del caos

ho scoperto che vi era in me

un’ invincibile tranquillità.

Ho compreso, infine,

che nel bel mezzo dell’inverno,

ho scoperto che vi era in me

un’invincibile estate.

E che ciò mi rende felice.

Perché afferma che non importa

quanto duramente il mondo

vada contro di me,

in me c’è qualcosa di più forte,

qualcosa di migliore

che mi spinge subito indietro.

Albert Camus

*Un grande poeta, scrittore, poteva diventare un grande calciatore, il talento ha molteplici sfaccettature. Tutto ciò che può insegnare qualcosa di bello e importante vale la pena viverlo, in un campo di calcio o osservando un tramonto e se poi puoi riversarlo nei versi diventa una ricchezza da condividere.

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