Penguin Café Orchestra con contributi di Daniela Patrian

Musica e contributi artistici di Daniela Patrian

almerighi

Scrive Daniela Patrian. Sono nata 56 anni fa a Milano, ho vissuto per trenta anni in questa splendida Metropoli che definisco una ricca ed elegante signora, generosa, ottima insegnante di vita..Il mio percorso scolastico non è dei piu’ brillanti, termina col diploma del liceo linguistico svolto in modo disinteressato, in quanto non coinvolta nel sistema di apprendimento, in parole povere sono una mente pensante ed imparare la lezioncina a memoria non mi ha entusiasmata, tuttavia amo la cultura e ho approfondito da sola. Sono una educatrice Oss, adoro la mia professione che svolgo nel sociale. Ho la passione innata per lo scrivere, disegnare, dipingere, ultimamente mi sto avvicinando anche alla fotografia digitale. Non ho un percorso fatto di partecipazioni letterarie o pittoriche numerose. Ho partecipato ad alcuni premi letterari, un paio di poesie sono state inserite nelle varie antologie. Ho numerose richieste per ritratti di artisti, poi stampati su magliette…

View original post 511 altre parole

LA CURVA DEL VENTO

quandolamentesisveste

Sui miei occhi
bende discostate
per assaporare flash della tua presenza.
E’ remota dai tempi degli sguardi
ma  ancor sa meditare
di  fibrillanti carezze di ciglia
mosse da un alito
d’animata follia.
Morde dolci inquietudini
sulla tremula linea di respiro
quasi  indissolubile
pur essendo in bilico
su alture d’orizzonte.
Ne supera la maestà
nel suo rilasciare
morbida impronta digitale
nelle caviglie  ansimanti
ch’eguagliano quasi la curva del vento
@Silvia De Angelis

View original post

Eventi: Incontro poetico e letterario del Festival 2023 Panorama Internazionale della Letteratura – Elisa Mascia

Poeti e scrittori dall’Italia e dal mondo in collegamento live

Meravigliosa sessione del Panorama International Literature Festival. Congratulazioni a tutti i partecipanti.

Wonderful session of Panorama International Literature Festival. Congratulations to all the participants.

Maravillosa sesión de Panorama International Literature Festival. Felicitaciones a todos los participantes.

” Abbiamo respirato emozioni
Respiramos emociones
We breathed emotions…”

PANORAMA INTERNATIONAL LITERATURE FESTIVAL 2023: LIVE
As part of the ongoing Panorama International Literature Festival 2023, we are proud to announce a live event curated by renowned writer and our Chief Advisor Joan Josep Barcelo from Spain.

Sunday, January 29 (5:30 p.m. .Spain) (11.30 AM EST)
Via Zoom I Live on YouTube

■ IRENE DOURA-KAVADIA – Secretary General WCF – GREECE
■ JOAN JOSEP BARCELO – Curator and Moderator – SPAIN
■ FILIPPO PAPA – Co-moderator – ITALY 
■ ELISA MASCIA – Co-moderator – ITALY
■ VASILIS PASIPOULARIDIS – GREECE

Delegates
■ GRISELDA ALICIA SORIANO – ARGENTINA
■ MIRTHA VERDE-RAMO – CHILE
■ ANTONIETTA MICALI – ITALY
■ DORA MUÑOZ – SPAIN
■ MANUELA CECCHETTI – ITALY
■ RICCARDO GAFFURI – ITALY
■ MONTZERRAT LICONA – MEXICO

Join us when the world celebrates literature!

Panorama International Literature Festival
www.panoramafestival.org
wcifcentral@gmail.com

JOIN PILF 2023

PILF 2023 Registration (Global): https://rzp.io/l/pilfGlobal
PILF 2023 Registration (India): https://rzp.io/l/pilfIndia
#humanity #literature #arts #wcif #pilf #pilf2023 #GlobalPeaceAndHarmony #OneWorld

Preeth Nambiar – Irene Doura-Kavadia- Johanna Devadayavu -Vasilis Pasipoularidis -Filippo Papa -Elisa Mascia – Griselda Alicia Soriano -Mirtha Verde-ramo – Antonietta Micali -Dora Muñoz – Manuela Cecchetti -Riccardo Gaffuri – Montzerrat Licona.
****
PANORAMA INTERNATIONAL LITERATURE FESTIVAL 2023: LIVE

As part of the ongoing Panorama International Literature Festival 2023, we are proud to announce a live event curated by renowned writer and our Chief Advisor Joan Josep Barcelo from Spain.

Presentation of the poetry book “ΚΩΝΕΙΟ” (Conium) by Vasilis Pasipoularidis published by Writers International Edition.

Sunday, January 29 (5:30 p.m. .Spain) (11.30 AM EST)
Via Zoom I Live on YouTube

■ IRENE DOURA-KAVADIA – Secretary General WCF – GREECE
■ JOAN JOSEP BARCELO – Curator and Moderator – SPAIN
■ FILIPPO PAPA – Co-moderator – ITALY 
■ ELISA MASCIA – Co-moderator – ITALY

■ VASILIS PASIPOULARIDIS – Head Writers Capital Youth Foundation – GREECE

Preeth Nambiar – Irene Doura-Kavadia – Johanna Devadayavu – Vasilis Pasipoularidis – Filippo Papa – Elisa Mascia


http://nonsolopoesiarte.art.blog/2023/01/30/eventi-incontro-poetico-e-letterario-del-festival-2023-panorama-internazionale-della-letteratura-elisa-mascia/

http://alessandria.today/2023/01/30/eventi-incontro-poetico-e-letterario-del-festival-2023-panorama-internazionale-della-letteratura-elisa-mascia/

Sono i fiumi… di Jorge Luis Borges

Uno tra i più grandi del Novecento letterario

almerighi

Jorge Luis Borges (1899 – 1986). Narratore, poeta e saggista, l’argentino Borges è famoso sia per i suoi racconti fantastici, in cui ha saputo coniugare idee filosofiche e metafisiche con i classici temi del fantastico, sia per la sua più ampia produzione poetica.

Siamo il tempo.
Siamo la famosa
parabola di Eraclito l’Oscuro.
Siamo l’acqua,
non il diamante duro,
che si perde, non quella che riposa.
Siamo il fiume
e siamo anche quel greco
che si guarda nel fiume.
Il suo riflesso
muta nell’acqua del cangiante specchio,
nel cristallo che muta come il fuoco.
Noi siamo il vano fiume prefissato,
dritto al suo mare.
L’ombra l’ha accerchiato.
Tutto ci disse addio, tutto svanisce.
La memoria non conia più monete.
E tuttavia qualcosa c’è che resta
E tuttavia qualcosa c’è che geme.

*

View original post

IN CONTROLUCE, di Silvia De Angelis

Oltre l’opacità della barba

le sillabe svuotate di vigore

eludono sogni d’uno spessore antico.

Vagano su dune informi

modellate

da instabilità precaria e austera

distante da un benessere voluto.

Lo sguardo cristallino e verace

naviga su un qui

di speranze d’alba su cosmiche carezze

ove la mano

sempre presente

possa abbracciare i tuoi occhi

laghi in controluce.

@Silvia De Angelis

Lucia Triolo: biglie di passato

“il giochetto di biglie contro la morte
può cominciare”
P. Celan, Svolta del respiro, “Paesaggio popolato di urne” 

………..

biglie di passato

a urtarsi impazzite
tra birilli di parole
dove si va a far furbe le immagini

a scodinzolare
tra istmi di birilli d’anima
dove si va ad arare fame e paura

tu spingi il tuo affondo
con indosso
i sandali di un varco di luce

che io ti giungo
allo sguardo

LA COCCINELLA, di Silvia De Angelis

Accattivante
divertente aspetto
cela
agressività intensa
elevata predazione

Coloristica coccinella
rotondeggiante corpo
fragili antenne

Lungo vissuto sonno
adagia 
aranciate foglie
Preferite spaccature
querce corteccianti

Primavera abbandona
teneri giacigli
Larve minute
mutano in ninfe

Predatori sofisticati
forte emettono
emotività
maculato manto

Prediligono 
efferato cannibalismo

Umani
pregiano sua specie
Divora insetti
devastanti
preziose colture

@Silvia De Angelis 2009

INTERFERENZE

quandolamentesisveste

Nell’eventualità
che interferenze irriverenti
diano impulso
a un soggiacere
di mani mobili
s’appiattisce il bandire
teatralità impulsive
che governino  ore del giorno.
Incenerite 
da fuochi del profondo
che sappiano intrattenere
un astio tramandato
sorge un’incapacità
di trasmettere ai polsi
la direzionalità
di gesti tonanti
adottati da riflessi di silenzio.
@Silvia De Angelis

View original post

Carlo Molinari: il poeta dell’inconscio

Date: 28 gennaio 2023Author: irisgdm0 Commenti— Modifica

Articolo di Marina Donnarumma 28 gennaio 2023

MI CHIAMO HADDAS di Carlo Molinari
Mi chiamo Haddas
e sono morto
in una gelida mattina
d’un giorno di gennaio.
In quel posto brutto
dove ci avevano portato
i soldati vestiti di grigio,
vidi mia madre senza capelli,
tutta nuda che tremava
per il freddo e per la paura.
Mi disse di non guardarla.
Un soldato le urlò di tacere,
e le diede un pugno sul seno.
Mio padre è da tanto
che non lo vedo più,
e non so dove sia andato.
Quegli uomini cattivi,
che gridavano sempre,
e con i cani che mordevano
le gambe a noi più piccoli,
mandarono mio padre
a fare la doccia.
Lo vidi entrare in uno stanzone,
tutto scuro, in fondo a un tunnel,
mi salutò con la sua grande mano
e non lo vidi mai più uscire.
Mi chiamo Hadas
e sono morto
in una gelida mattina
d’un giorno di gennaio.
Io non so perché mi hanno ucciso.
Avevo chiesto solo di giocare
e avevo chiesto anche una caramella.
L’avevo chiesta sottovoce.
Un soldato cattivo,
con grandi stivaloni neri,
mi urlò di tacere.
Io chiesi ancora, ma mi diede
un potente schiaffo.
Caddi in una pozzanghera
e vidi un filo di sangue
uscire dalle mie piccole narici.
Iniziai allora a piangere
e chiesi perché non potessi giocare,
e perché non potessi avere
una sola caramella.
Quell’uomo mi disse
che ero più lurido
d’un cane con le pulci,
e che i vermi più schifosi
erano molto più belli di me.
Chiesi ancora la caramella.
Quell’uomo cattivissimo
mi fece allora vedere il pistolino
e ridendo come un matto
mi fece la sua pipì in faccia.
Io continuai a piangere,
cercai di scappare
ma ricevetti un forte pugno
sul mio piccolo stomaco.
Caddi di nuovo a terra per il dolore
e iniziai a tremare per la paura.
Mi rialzai di nuovo,
pian piano in ginocchio,
cercai di trovare le poche forze
che mi erano rimaste
e chiesi ancora la mia caramella.
A quel punto iniziai
a correre più che potevo,
con grandissima fatica.
Quell’uomo mi raggiunse subito,
mi trascinò per la mia casacca a strisce,
gridò qualcosa che non capii
e mi diede un forte calcio sul petto.
Il dolore fu tremendo,
non mi veniva più il fiato,
e mi lasciai scivolare di nuovo
con la faccia a terra, nel fango.
Mi uscì tanto sangue dalla bocca.
Quell’uomo cattivissimo
mi disse ridendo
che facevo vomitare
più d’una cacca appena fatta.
Piangendo, gli chiesi ancora
una caramella e gli chiesi
perché fosse così cattivo con me.
Volevo solo giocare
come fanno tutti i bambini.
A quel punto, l’uomo in grigio
mi fece vedere la sua grande pistola,
me la schiacciò in fronte
e sentii il freddo di quella cosa.
Gli chiesi tremando
perché stesse facendomi
tutto quel male.
Il suo cane ringhiava,
e poi non ricordo più niente.
So solo che sono morto,
in un freddo mattino di gennaio.
Quell’uomo in grigio
mi sparò in piena faccia.
Per un attimo
mi parve di sentire
un dolore fortissimo,
ma subito mi addormentai.
Per sempre mi addormentai.
Sono morto. Sono Hadas.
Vorrei sapere
perché quell’uomo cattivo
non mi ha mai dato la caramella
che gli avevo chiesto gentilmente,
e perché mi ha ucciso
senza motivo.
Io ero un bambino
come tutti gli altri bambini,
non avevo fatto niente di male.
Sono Haddas, e sono morto.
Ma perdono
con tutto il mio cuore
quell’uomo tanto cattivo,
perché forse non ha mai giocato
con altri bambini
e con la sua mamma,
e forse non ha mai saputo
in tutta la sua vita
quanto sia buona
una caramella all’arancia.
Carlo Molinari

”Il mio nome Haddas” scritta in occasione della giornata della memoria il 27 gennaio 2022. Un nome che è tutti nomi di ogni bambino morto.

Spesso sono presa dalla ricerche di nuovi scrittori, non sempre facile perchè il web ormai è un minestrone di parole. Poi ecco un incontro, si! Mi incontro con delle parole che mi sbattono contro il muro e leggo tutto di un fiato ” Il mio nome è’Haddas”. Una poesia che ti entra e ti spacca, perchè ne senti tutto il dolore e l’intensità. Io non incontro gli scrittori, il mio colpo di fulmine è con le parole. Carlo Molinari uno scrittore che è un fiume in piena, lui vive per la poesia e la poesia vive per lui, in perfetta simbiosi. La sua vita è la poesia e lui la incontra dovunque. I suoi scritti sono un incontro di emozioni perdute, sperdute, un cocktail di sensazioni che butti giù di un fiato. In ogni poesia c’è la sua storia, il suo modo di vedere, anche di idealizzare. Se non idealizzassimo che poeti saremmo? Carlo si definisce da un punto di vita letterario un romantico, sicuramente con lui si ha la sensazione dell’uomo paladino, ma anche di colui che vede nella donna qualità incredibili. Nella donna vede ciò che lui desidera, la ricerca di un amore ideale e di grande sentimenti. Chi può dargli torto? Chi non desidera un amore di rispetto e di grande intensità? In lui, io vedo grandi romantici, visione Leopardiane, un pò di Keats, ma anche Baudelaire, neorealismo. Ovvio che lo stile è solo suo, personale intimo, esistenziale. Un artista completo, pittore, pianista, il suo vissuto l’ha trasformato in una persona dotata di percezione e grande sensibilità. I suoi scritti sono di un tessuto particolare, intuisci tra le pieghe, amore, dolore, voglia irrefrenabile di vivere e di apprezzare ogni cosa nella vita. Lui ha sempre un senso di rinascita e rinasce ogni volta che scrive. La sua forte empatia l’ha portato a contatto della sofferenza di altri e cosi che nasce un suo libro di forte impatto ” Voci da galera” raccoglie frasi e breve testimonianze di carcerati, con cui ha intrattenuto un intenso rapporto epistolare, doloroso e motivato.
…Alle ore 15 del (…) si è suicidato nel carcere di (…) un detenuto che era arrivato lì da non molto: stava in carrozzella, gli avevano tolto anche la televisione, aveva il blindato chiuso 24 ore su 24 e le uniche “visite” che riceveva erano quelle dell’infermiere che gli misurava la pressione. Non si sanno le sue vicende processuali e nemmeno chi scrive lo conosceva di persona: non si sanno i motivi, né si sanno mai in fondo i motivi di un suicidio. Si è fatto la “corda” annodando più calzini, ha legato un’estremità alle sbarre della finestra della cella e l’altra al collo: poi, non potendo utilizzare le gambe, si è fatto scivolare giù dal letto…
Chi mi ha dato oggi la notizia, ancora sconvolto dall’accaduto, ha provato a fargli il massaggio cardiaco, la respirazione bocca a bocca e intanto chiamava il medico: il quale ha solo dovuto constatare il decesso avvenuto (aveva 46 anni).
Forse ne parlerà qualche giornale? Ne dubito fortemente: intanto ne parliamo noi…

(Fonte: lettera privata del 25/01/2000)
LE CADUTE

Non pensate di non cadere nell’errore
perché prima o poi ci si cade tutti.
Però sappiate che rialzandovi, voi
sarete maggiori, non inferiori, come
si può pensare nel comune intendere.
Nella vita se uno fallisce
è escluso dal mondo.
Invece no, qui no.
Se uno cade rialzandosi, è più sapiente.
Ma se la vostra superbia non vi
permettesse più di riconoscere l’errore
allora dovreste considerarvi finiti…
Noi siamo deboli ed inclini al male,
però la nostra capacità di ripresa dipende
dalla volontà e dallo spazio che lasciamo
alla misericordia di Dio.
Non affliggetevi per le vostre cadute
perché cadere è cosa umana.
Preoccupatevi di rialzarvi subito dopo.
Dio osserva tutto.

(Maurizio)

Due pezzi tratti dal suo libro” Voci da galera”
Uno scrittore da leggere, ha scritto anche racconti per bambini e le sue storie sono state fonti di progetti scolastici.

Carlo Molinari è nato a Conegliano (TV) ed è laureato in Giurisprudenza. Inizia a scrivere poesie fin da bambino. Il pittore e poeta Nerone scrisse di lui: “Carlo Molinari è un poeta che cerca la poesia come se fosse il pane quotidiano (…), le sue poesie mi ricordano tanto quelle di Cesare Pavese”. Lo scrittore e poeta Filippo Fenara descrisse il suo stile come “maestria e denso di fascino e tecnica sopraffini”. Carlo Molinari ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti in premi letterari, anche a livello internazionale: nel 2007 ha ricevuto una “Menzione d’onore” a Melbourne (Australia) dall’Accademia Letteraria Italo – Australiana Scrittori. Ha pubblicato diciassette libri ed è presente con le sue poesie in svariate antologie e siti internet. Nel 2021 ha inviato una sua poesia dedicata alla Madonna a Papa Francesco e dopo pochi mesi ha ricevuto una lettera della Segreteria di Stato Vaticana in cui è stato messo in evidenza quanto il Santo Padre “abbia gradito il premuroso gesto”. Nel 2021 fonda il movimento poetico internazionale “Poeti2000 – Poetry in the World”, con l’obiettivo di radunare poeti e poetesse da tutto il mondo e promuovere la Poesia ad ogni latitudine. Il Movimento conta attualmente numerosi iscritti in Italia, Venezuela, Messico e America Latina. Molte sue poesie sono recitate su YouTube da Rodolfo Vettor (Premio alla Carriera), Antonio Sterpi (attore di teatro), Brunella Moro (voce recitante di “Radio Più”, Agordo – BL), Alberto Baroni (poeta e video maker) e Bruno Di Giovanni (video maker). Nel 2022 viene inserito in WikiPoesia, enciclopedia on line dei poeti contemporanei.
https://carlomolinariit.wordpress.com/informazioni/

Ultima sua silloge: ACCADE (Poesie d’un tempo fugace), Settembre 2021, self publishing.
https://www.amazon.it/dp/B0BD2N3BXB

Penultima sua silloge: MONNA LISA, Febbraio 2021, self publishing.
https://www.amazon.it/dp/B09SNTSQLR

Terzultima silloge: I SEGRETI DEGLI ANGELI (Venaplus edizioni)
https://www.amazon.it/dp/1914576071

Ha una pagina su WikiPoesia, enciclopedia on line dei poeti contemporanei:
https://www.wikipoesia.it/wiki/Carlo_Molinari

Il suo blog si chiama: “ANGOLI DI PENSIERO”
http://www.carlomolinariit.wordpress.com

Ho fondato “Poeti2000-Poetry in the World” a settembre del 2021
http://poeti2000.webnode.it
https://www.facebook.com/groups/213293967448382

  • Carlo Molinari la prima domanda che mi viene in mente, visto che scrivi tantissimo , da quando lo fai?

Da che lo ricordo, ho sempre scritto, dal 2007 ne ho fatto il mio impegno principale.

  • So che sei molto preso dal sociale, hai fatto volontariato e ti sei occupato anche dei problemi connessi ai carcerati.

Avevo fondato un associazione negli anni 90 e ci occupavamo di volontariato epistolare, E’ andata avanti per 21 anni, ma la mia indole è portata alla poesia, di cui mi nutro e mi alimento h24, da quando ero bambino.

  • Ho letto con attenzione alcune tue poesie sulle donne, si intuisce una visione angelicata della donna, in una società dove la donna tutto è, fuorchè angelicata, la donna o la donna di cui parli, corresti che fossero cosi? Una tua idea personale sulla donna?

Ultimamente una delle mie poesie sicuramente mi è stata “ispirata” dalla lettura ascetica e divinizzante di Tagore, dal quale tuttavia non ho copiato nulla di nulla. Ho interpretato la Donna così come la sentivo ieri pomeriggio. Io ho una grande considerazione per la Donna: la considero una creatura che porta in sé il peso di tanti pesi, di qualunque tipo essi siano (figli, lavoro, rapporti d’amore non riusciti, violenze subite, psicologiche e fisiche). Tuttavia mi rendo benissimo conto che la Donna Millennium è molto emancipata e di questo non posso che essere felice e compartecipe. La Donna ha una grande forza in sé, molto spesso più dell’uomo, legato troppo sovente alla materia, alla terra. La Donna sa vivere, scegliere, sognare, innamorarsi, darsi da fare con grande fatica, molto più dell’uomo, a mio modesto parere. Il sesso “forte” non siamo noi uomini bensì le Donne. “Viene dalla costola di Adamo” ma nella Storia ha fatto molta strada in più del suo compagno dell’eden.

A tutte le donne

Pettirosso

piumato d’immenso,

tu canti il tuo salmo

sul ramo del mandorlo,

il tuo trillo attende

la primavera assopita

tra le radici della terra.

Sei solo com’è solo il sole.

Ti abbandoni alla luce

senza lamentarti mai

degli artigli di tanto freddo.

Il tuo canto s’innalza

ai raggi appesi al cielo mite.

Spargi soavità, tanta briosità,

su chi frena il suo passo

ad ascoltare con devozione

il tuo suono intriso di vangelo.

Sei la bellezza incarnata,

benedizione del Padre Nostro

che s’è chinato su di noi,

consacrate polveri nel cosmo,

silenzio di silenzi ancestrali.

Tu canti e non ti turbi,

il tuo ramo di mandorlo

attende di specchiarsi ad aprile

nei colori più delicati,

amorosi, leggiadri, succulenti,

che sa dipingere la stagione

dei morti tornati in vita.

Vieni da uno spazio infinito,

dal seme piantato per amore,

a ricordarci che la vita,

anche nell’angoscia,

può mutarsi in salmodia

offerta alle genti.

Nel tuo petto scarlatto

si nascondono natura,

germogli, poesia, stupore.

Amabile pettirosso,

piumato d’immensità,

così soave ed intrigante

è il tuo volo

di malva e di gerbera.

Resto attonito, inebriato,

dinnanzi alla tua dolce sinfonia.

Tu canti la sapienza

che mai avrei sperato,

io così debole, schiavo del male

di questa terra di pianto.

Sul tuo ramo di mandorlo

non ti stanchi d’esser mitezza.

Non volarmi lontano,

io sono cenere e nostalgia,

di te ho bisogno

come dell’acqua e del pane.

Fammi posto, accanto a te,

sul tuo ramo di nidi, figli e amori.

Fa’ ch’io possa, dipinto di gioia,

attendere la stella assonnata

e cantarle, come fai tu,

il mio alleluia

ricolmo d’amore eterno,

per questa vita

che pare uno sbaglio

e che invece è un valzer,

dove si balla insieme

appesi alla morte,

nell’attesa

d’esser tutti una luce

che ammutolisce l’infinito.

  • Quando scrivi lo fai sotto un impulso? come ti definiresti?

Io sono così, il mio animo tende ad essere ottimista e positivo, anche se a volte (causa di momenti di buio che ho attraversato nel passato) posso “cadere” in una certa visione decadente o pessimistica. Io vedo e tendo a vedere la luce, il bianco, il bello, l’amore, la positività. Di notte, quando scrivo e sono solo nella tenebra, il mio animo può anche altalenare tra il bianco e il nero, è la mia indole, quando scrivo non è la mia Ratio che ha il sopravvento bensì il mio inconscio. Io mi definirei un poeta dell’inconscio. Come dice Henri Michaux: “Il vero poeta prima crea, poi comprende, qualche volta”. E tante volte lascio che siano gli altri ad interpretare ciò che scrivo, io non me ne curo. Io sono un poeta dell’inconscio.

  • Vero, uno scrittore di una grande ricchezza interiore, ma a parte la poesia hai un sogno nel cassetto?

Il mio unico interesse è la poesia e il mio sogno è diffonderla ovunque, ho appena lanciato una petizione a livello mondiale per diffonderla ed insegnarla nelle scuole, una materia vera e propria.

Carlo Molinari un poeta singolare, una passione forte nei confronti della poesia, lui respira e suona con le parole. le sue poesie si innalzano come note e con la delicatezza e la fragilità di un fiore, ma nello stesso tempo con una forza e un intensità immortali. Grazie Carlo Molinari

Io resto qui

Questa vita alita farfalle

sui miti e sui malvagi

tra oceani di pesci morti

sirene in calore.

Siamo una sarabanda

di respiri che combattono

per non morire dimenticati.

Qualche spavaldo

ce la fa a sopportare,

altri giacciono

più delle amebe.

Il vento spazza via

chi canta la resa,

la morte si deglutisce

anche i più ostinati.

Non vorrei mai morire,

vorrei fare l’amore con te.

Lo farei anche coi sassi

e con le ortiche nei campi.

Sei come uno strepitio

di battiti roventi

tra spruzzi di silenzio

e boati d’orgasmi repressi.

Come la vita dà e toglie,

come il cielo soleggia

o tempesta, tu faro costiero

lampeggi e ti fai assenza.

Io resto qui

a mirar le mie ore

che se ne vanno come ladre,

mentre tu albeggi e canti

senza sorridermi il tuo raggio.

L’infinito ha paura di noi,

dolci e freddi gelidi

come la morte d’una stella.

Carlo Molinari

Poeti2000 – Poetry in the World

Carissime amiche, carissimi amici,

da stasera iniziamo un’importantissima raccolta di firme on line con una petizione mondiale, seppur rivolta per il momento all’Italia: il Consiglio Direttivo di “Poeti2000 – Poetry in the World” promuove una raccolta firme da indirizzare poi al Ministro dell’Istruzione e del Merito on. Giuseppe Valditara, al fine che la Poesia sia presa in maggiore considerazione in tutte le Scuole della Repubblica Italiana e che possa essere considerata anche come “Materia Autonoma e Indipendente” di insegnamento e di studio, a tutti i livelli scolastici.

Chiediamo a tutti Voi di leggere la petizione (in italiano, spagnolo e inglese) presente nel nostro sito:

https://poeti2000.webnode.it/petizione-on-line/

Chiediamo a tutti Voi di firmarla e di condividerla in tutti i Vostri Social, contatti via email, Whatsapp e Telegram, secondo le istruzioni riportate nel nostro sito web.

Chiediamo anche di condividere questo post nei Vostri profili Facebook al fine di raggiungere il più alto numero di firme on line possibile.

Grazie a tutti per la collaborazione: portiamo la Poesia in TUTTE le Scuole Italiane! Grazie a chi ci sosterrà in questo grandissimo impegno culturale/sociale/umano.

Il Consiglio Direttivo di “Poeti2000 – Poetry in the World”.

Il regno della Bellezza

Questa notte milioni e milioni

di fiammelle illuminano le stelle.

Non esiste più il buio fosco e tetro

ma un ciclone di luce che condanna.

Sono tutti i morti usciti dall’Ade

che guardano senza nessuna parola.

Un mare sterminato di uccisi, insultati,

ingannati, violentati, appesi alla forca.

Il fuoco si spegne e strepita il silenzio,

non c’è più niente da dire, solo vergogna.

Chi non ha mai compreso il linguaggio

dei derelitti assassinati dagli oppressori

e da mani sudice, perverse e scellerate,

è già sfracellato all’inferno dei maledetti.

Venite, c’è ancora posto per gli accecati

che non hanno mai voluto vedere.

Venite, c’è ancora posto per gli ossessi

che non hanno mai voluto ascoltare

l’urlo dei poveri, sepolti in questa terra

che doveva essere il regno della Bellezza.

Lasciateci qualche goccia di sangue,

qualcuno di noi vuole provare ad amare.

Articolo di Marina Donnarumma. Roma 28 gennaio 2023

Preludio alla vita di Cesare Ruffato

Voce della poesia italiana contemporanea

almerighi

Cesare Ruffato (1924 – 2018)

Non sai assegnare nomi alle cose
e bleffi la tua origine veloce
con la smorfia del mandorlo in fiore
la ragione è chiara: le collisioni blu
spampanano lo sforzo
di cogliere le voci della luce
e i riflessi delle ombre.
Forse ti attieni al fenomeno
che rincorre i profili del pensiero
quindi il respiro inventato dal principio
tensioattivo, talora strazio
nella culla termostatica.
E le ombre che non entrano negli occhi
ma furtive rappezzano divaricano
le gambe strofinano le posture.

*

View original post

Controluce: ”giornata della memoria”, ovvero l’olocausto, ovvero le nefandezze di cui siamo capaci. Giornata della memoria nel secchio

Date: 27 gennaio 2023Author: irisgdm0 Commenti— Modifica

Articolo di Marina Donnarumma. Roma 27 gennaio 2023

La farfalla della gentilezza

rSdoopsent31cgiaam14a7th7m355g20th3i6ght1 t01hl355c16g9mlti0  · 

«Donne e bambini si tolgano le scarpe, prima di entrare nella baracca. Infilate le calze nelle scarpe. Quelle dei bambini dentro i sandali, le scarpe o gli stivaletti. Ordine, mi raccomando». E di nuovo: «Portate nei bagni gioielli, documenti, denaro, asciugamano e sapone… Ripeto…». Dentro la baracca femminile c’è la parrucchiera; nude, le donne vengono rasate a zero, alle più anziane tolgono la parrucca. È un momento strano, psicologicamente: le addette hanno poi sostenuto che di solito quella rasatura ante mortem convinceva le vittime che davvero sarebbero andate a lavarsi. Le più giovani si tastavano il cranio e, sentendo qualche punta ispida, capitava che chiedessero un ritocco. Solitamente dopo la rasatura le donne erano più tranquille, tutte o quasi lasciavano la baracca con in mano un pezzo di sapone e un asciugamano piegato. Tra le più giovani qualcuna piangeva le belle trecce perdute. Perché le rasavano? Per illuderle? No, perché la Germania aveva bisogno dei loro capelli. Erano materia prima… Ho chiesto a diverse persone che cosa se ne facessero, i tedeschi, della montagna di capelli che rasavano a quei cadaveri ancora in vita. Tutti i testimoni riferiscono che cumuli enormi di capelli neri, biondi e color dell’oro, di riccioli e di trecce venivano sottoposti a disinfezione, pressati nei sacchi e spediti in Germania (…)

Nude, le vittime vengono condotte a uno sportello, la «cassa», dove sono invitate a consegnare documenti e preziosi. E la solita voce ipnotica grida: «Achtung! Achtung! Chiunque venga scoperto a nascondere gioielli verrà ucciso! Achtung!».

Qui, alla «cassa», la svolta decisiva – qui finisce la tortura della menzogna che tiene le vittime in uno stato ipnotico di incertezza, in un delirio febbrile; nell’arco di qualche minuto si passa dalla speranza alla disperazione, da visioni di vita a visioni di morte. La tortura della menzogna era un elemento chiave nella catena di montaggio della morte, facilitava il lavoro delle SS. Ma quando sopraggiungeva l’atto finale, l’ultimo saccheggio di quei cadaveri ambulanti, la musica cambiava. E allora i tedeschi spezzavano le dita per strappare gli anelli alle donne, o laceravano loro i lobi per portarsi via gli orecchini.

Il tragitto dalla «cassa» al luogo dell’esecuzione richiede qualche minuto in tutto. Spronate dai colpi, stordite dalle grida, le vittime arrivano su un terzo piazzale e per un istante si fermano, interdette.

Il silenzio sopraggiungeva quando le porte delle camere a gas venivano chiuse. E le grida ricominciavano quando arrivava un nuovo lotto di donne.

Due, tre, quattro, anche cinque volte al giorno. Perché Treblinka non era un semplice luogo di morte. Era una fabbrica di morte, una catena di montaggio improntata a quelle della moderna produzione industriale su larga scala.

***

Queste parole sono di Vasilij Grossman, scrittore e giornalista sovietico, che nel 1944 entrò nel campo di sterminio di Treblinka, dove poté toccare con mano la ferocia nazista.

Non occorre aggiungere altro.

🦋 La farfalla della gentilezza 🦋

(La citazione è tratta da: Vasilij Grossman, L’inferno di Treblinka, Adelphi, 2013)

Ho preferito cominciare con questa condivisione della mia amica blogger della ” La farfalla della gentilezza”, uno dei tanti che raccontano l’orrore e mi lasciano inorridita, stupefatta, per questa umanità che si perpetra nell’orrore e poi ricorre alla ” giornata della memoria” per sgrullarsi un pò di sensi di colpa, alla fine chi non ha proprio colpa ha questi sensi di colpa, completamenti sconosciuti alle menti più abbiette nate su questo pianeta. Nei campi di concentramento prestarono servizio 55.000 guardie, circa 5000 erano donne. Una follia collettiva, che mi spaventa da morire, nessuno si mosse a pietà? forse qualcuno lo fece, ma il risultato furono morti e morti senza distinzioni, fame, torture, violenze, esperimenti, docce di gas, uomini e donne disumanizzati, perseguitati ridotte a larve, scheletri, giorno per giorno. La speranza morta per tanti, il dolore, la sofferenza. Raccontare, ricordare, raccontare di nuovo e poi? Personalmente ricordare mi fa male, troppe cose ho letto, troppe testimonianze di questo orrore!

Oggi è la giornata della memoria, una delle tante dove l’umanità, non ha nulla di umano.Gli uomini non hanno memoria delle loro nefandezze, tanto è vero che non le ricordano, continuano a farle e nel momento in cui le fanno le innalzano a patriottismi, guerra, con la scusa, c’è una scusa? L’uomo è l’animale più pericoloso, in assoluto della terra. L’ uomo, di cui parlo, ha solo una legge, potere e soldi, al di sotto e al di sopra non esiste altro dio che questo, potere, denaro e speculazione, un uomo per cui ” l’altro non conta” solo carne da macello.

Non avevo mai visto un carro di bestiame

e lì il mio inferno.

Un orrore di corpi morti su corpi vivi.

L’odore nauseabondo di umanità bruciata,

cadaveri vivi con piaghe marciscenti.

Ce l ho con te, mio Dio!

Dove sei!

Perchè questo male!

Ho fame ma, non lo posso dire,

ho sete ma,sto zitta,

ho dolore ma,sono in silenzio.

Dio mio!

Bambini come frecce lanciati in cielo,

senza vita sulla terra come un fiore triste

che ha perso la corolla di pochi stracci

e pochi anni!

Vivere ma, sei morta di mille morti

e non vorresti il respiro.

Ho la testa bassa, il mio cranio nudo

e io sono donna o sono uomo,

un umanità indistinta,

senza nome,

senza sesso, carne da macello ,

marchiata come bestie.

Le lacrime scavano solchi profondi

ma,il dolore urla muto disperato,

ce l’hai tutto negli occhi e nell’orrore

senza fine.

Sai ti ho pregato Dio!

Ho chiesto di te!

forse troppo debole per sentirti,

forse le nostre urla ti hanno distratto

dalle nostre preghiere.Iris G. DM

Potrebbe essere un'immagine raffigurante monumento

Ho il volto pallido della morte

di chi viaggia in piedi,

assiepata come bestiame,

lercia di letame.

Ho il seno sporco di latte

sangue che scivola tra le gambe,

le mie braccia chiudono

la mia creatura senza respiro.

Ho il volto del terrore,

ho l’odore nauseabondo di fumo nero oleoso.

La mia identità un numero impresso nelle carni.

Hanno rasato la mia testa,

la mia testa!

Non ho capelli,

sono vestita della mia pelle troppo grande,

i miei piedi strusciano nel fango,

il mio corpo solo fango,

i miei occhi vedono solo cadaveri

che camminano,

sono un pigiama a righe

che veste un mucchio d’ossa scarnificate

da lacrime e dolore. Shoah. Iris G. DM

Articolo di Marina Donnarumma. Roma 27 gennaio 2023

E’ arrivata una letera!!

Di Frida la loka, Lombardia

27 gennaio, Giornata della memoria

wordpress
Cara Anne, lo so di averti lasciata un po' nell" oblio, ma sai, qui le cose non vanno tanto bene, non abbastanza come dobrebbero e se ci fosti, sicuramente saresti molto delusa degli uomini. Cosicché colgo questo ritaglio di tempo d'una giornata sicuramente particolare per molta gente, oserei dire per il mondo, anche sé, il mondo tutto non lo sa, oppure ha dimenticato o peggio, se ne frega. 

Eh sì Annuccia; perché da quel momento in poi sappi che non fu mai più lo stesso e purtroppo non hai avuto la possibilità di venirne a conoscenza.
Cercherò di essere poco noiosa, (sei una ragazza inteligente), oggi voglio dedicarti un pò d'attenzione per farmi perdonare,spero ti faccia piacere o almeno, ti raserene sapereche che per quanto sia passato del tempo qualcuno ancora s'interessa di chiarire come fu una parte importante della nostra storia, della tua!

Ti ricordi?! Se ho iniziato  a scrivere, quando avevo più o meno la tua età, è soltanto grazie a te; e le tue preziose pagine, che poi divennero un libro, ma questo te l'ho avevo già detto.

Sai Anne cara, tempo fa, son venuta a conoscenza che una scrittrice importante, ha raccolto in un libro, tantissima  informazione, si parla sul fatto di chi rivelò il vostro nascondiglio segreto, come lo chiamavi. Cinque anni e una squadra investigativa composta da quasi duecento persone!!! Hai capito?! Ahimè... alla tua età, diventata famosa, tu diresti sicuramente, -dovuto a cosa?!, già tì sento!! Grazie alla preziosa e minuziosa informazione che col inchiostro è senza rendertene conto ci stavi lasciando come legado.

Dolce Anne, siete stati traditi d'un altro ebreo, come te, come tuoi famigliari e "coinquilini ", triste già, sarai rammaricata oppure sconcertata e ti capisco...

Ma non uno qualsiasi, tale "signore " chiamatosi, Arnold van den Bergh, notaio ebreo, membro del Consiglio ebraico di Amsterdam, sposato con tre figlie.

Pare facesse parte della commissione del Consiglio ebraico che, su ordine dei nazisti, doveva selezionare i nomi degli ebrei da inserire nelle liste di deportazione.

Era molto facoltoso sai!, era riuscito a farsi inserire nella lista del tedesco Hans Georg Calmeyer che, ufficialmente, addirittura dichiarò la sua non appartenenza alla razza ebraica. Per questo, nonostante il decreto nazista che obbligava i notai ebrei olandesi a cedere la loro attività, Arnold van den Bergh poté svolgere il suo lavoro fino al gennaio del 1943, fino a quando un collega ariano, destinato a occupare il suo studio, J. W. A. Schepers, lo denunciò alle SS e gli fece perdere i suoi privilegi.

Probabilmente, a questo punto, sarai un pò seccata? Forse, ma ho pensato che quello che v'è capitato e non solo a voi, è stata una tragedia imanne. E mi dirai, - ma è passato del tempo, a cosa serve oramai sapere, ricordare?, e io ti dirò una frase scritta da un signore, Primo Levi, che subì come te, perché ebreo, ma
sopravvisse e divento una scrittore! Pensa te, il tuo sogno! E recita,

《"L'Olocausto è una pagina del libro dell'Umanità da cui non dovremo mai togliere il segnalibro della memoria"》.

Bene! Chissà cosa continuerai a scrivere, là, dove tu sia; spero siano cose colorate, radiose e piene di emozioni.

Ti abbraccio forte, carissima.

Ps: Sono molto soddisfatta di averti scritto e sedermi con te per terra sui pavimenti in legno, con le gambe incrociate come indiani, mentre tiepida filtra un raggio da qualche fessura
Credo essermi ritagliata un pò "troppo " di tempo, alla prossima.

Tua.
27 gennaio, 2023.

Dal blog personale

http://fridalaloka,com

Rippublicato su

http://alessandria.today

Giornata della Memoria. Edith Bruck, “Quel pensiero”- Per non dimenticare mai, di Caterina Alagna

In occasione della Giornata della Memoria ho deciso di condividere i versi di una grande scrittrice e poetessa, testimone ancora vivente della Shoah, che con la sua arte ha raccontato l’orribile e disumana esperienza vissuta nei campi di concentramento di Auschwitz, Dachau e Bergen Belsen. Sto parlando di Edith Bruck e la poesia che ho scelto è un estratto del canzoniere ” Il Tatuaggio” (1975) ed è dedicata a sua madre. 

Quel pensiero


Quel pensiero di seppellirti
te l’hanno tolto con almeno trent’anni di anticipo!
Abbiamo avuto una lunga festa d’addio
nei vagoni stivati ​​dove si pregava dove si facevano
i bisogni in fila dentro un secchio
che non profumava del tuo lillà di maggio
e anche il mio Dio Sole ha chiuso gli occhi
in quel luogo di arrivo il cui nome
oggi irrita le coscienze, dove io e te
restano sole dopo una selezione
mi desti la prova d’amore
sfidando i colpi di una belva umana
anche tu madre leonessa a carponi
per supplicare iddio maligno di lasciarti almeno l’ultima
la più piccola dei tuoi tanti figli.
Senza sapere la tua e la mia destinazione
per troppo amore volevi la mia morte
come la tua sotto la doccia
da cui usciva un coro di topi
chiusi in trappola.
Hai pensato alla tua piccola con quel frammento
di coscienza risvegliata dal colpo
del portoncino di ferro
con te dentro il mio pane amato mio pane bruciato!
O prima ancora
sapone paralume concime
nelle mani parsimoniose di cittadini
che amano i cani i poeti la musica
la buona letteratura e hanno nostalgia
dei familiari lontani.

Questi versi dal linguaggio forte e viscerale sconquassano la coscienza del lettore. Bruck descrive a chiare lettere, anche brutali, l’orrore dell’Olocausto, con immagini incisive che hanno la forza di scene cinematografiche. Quella di Edith Bruck è una poesia che esprime tutta la disperazione vissuta sulla pelle, il dolore per la morte della madre, diventata concime o sapone nelle mani di tante persone, ignare dell’orrore che si consumava in quei luoghi di sterminio.  Quella di Bruck è una poesia fatta di sangue e dolore, sempre vivi e pronti a travolgere l’anima della poetessa. Siamo di fronte a una memoria del presente. Per Bruck la Shoah non rappresenta un fatto passato, ma un male che è ancora capace di logorare l’anima e la carne dei sopravvissuti. La scrittura diventa quindi un monito per tutti i popoli della terra: tenere viva la memoria affinché mai più si ripeta quello che è accaduto. Come lei stessa afferma: ” La memoria è vita per me. La memoria dovrebbe essere vita per tutti. Non possiamo cancellare il passato perché il passato è il nostro presente e il nostro presente sarà il nostro futuro. Il tempo è uno. Credo che la memoria riguardi tutta l’umanità, non solo coloro che sono stati deportati. Purtroppo dobbiamo parlare sempre noi perché gli altri vorrebbero appiattire, cancellare, allontanare, respingere, mistificare, rimuovere“.

Edith Steinschreiber, poi Bruck, nasce nel 1931 da una povera famiglia ebrea, in uno sperduto villaggio dell’Ungheria. Da bambina viene deportata in vari campi di concentramento, tra cui quello di Aushwitz. Sarà liberata, insieme alla sorella, nel 1945. I suoi genitori, un fratello e altri familiari non sopravvivono. Dopo la liberazione ritornerà in Ungheria, dove inizia la sua carriera di scrittrice raccontando l’orrore agghiacciante che ha vissuto.  Ma ben presto scopre che le sue parole non sono accolte come spera. Nessuno s’interessa a quello che scrive, nessuno è disposto ad ascoltarla. Decide allora di lasciare il paese, dando inizio al suo pellegrinaggio. Prima tenta di raggiungere una delle sorelle maggiori (salvate da Perlasca) in Cecoslovacchia, ma il tentativo fallisce. Poi nel 1948, con la nascita del nuovo Stato di Israele, piena di entusiasmo vi si trasferisce. Qui, per evitare il servizio militare obbligatorio, si sposa assumendo il cognome che ancora oggi porta. L’entusiasmo da cui è animata, però,  svanisce ben presto. I conflitti e le tensioni dello Stato di Israele la deludono e così nel 1954 decide, ancora una volta, di trasferirsi. Questa volta in Italia, a Roma, dove tutt’ora risiede. Qui sposa il poeta Nelo Risi, con cui instaurerà un’importante  storia d’amore che darà vita anche a un sodalizio artistico. Ha scritto tutti i suoi romanzi in italiano. Ha pubblicato diverse raccolte poetiche in cui narra la sua esperienza di sopravvissuta all’Olocausto.

Babi Yar di Nina Kossman (trad. Paolo Statuti)

A proposito di Olocausto

almerighi

 E’ nata a Mosca. Durante la guerra molti membri della famiglia del padre morirono nell’Olocausto a Riga (Lettonia), mentre molti familiari della madre morirono nell’Olocausto in Ucraina, dove allora vivevano. Nel 1972 con la famiglia emigrò dall’Unione Sovietica. Dopo un anno trascorso tra Israele e Roma, si stabilì prima a Cleveland e poi a New York, dove tuttora vive.
     Ha pubblicato tre raccolte di poesie in russo e in inglese, due raccolte di racconti e un romanzo in inglese. 

Babi Yar
.
La madre diceva tua sorella mi fa impazzire,
ma dov’è, oggi andiamo tutti a morire.
I fritzi* bussano alla porta, dobbiamo uscire.
Presto, svelto, perché quei libri, che te ne fai,
là dove andremo a stare non li userai mai.
Sei sempre l’ultimo, figlio mio, continuava a dire.
Ecco, sono pronti, ma ora lui vuole dormire!
Dormirai là dove ci porta la nostra stella.
Lascia i libri…

View original post 135 altre parole

l’ora dell’inizio

Vi ho amati? Male forse,
ma eravate miei!
ogni oggi forse ho sbagliato 
con voi
eravamo gli inizi

Passavamo insieme
le ore, i giorni
ci assaggiavamo cannibali
come cibo per la nostra carne.
eravamo gli inizi

soffrivamo insieme
le lacrime, i dolori
la strana voglia di farla finita e 
la sua gemella: quella di 
di continuare
con almeno qualcuno di me
eravamo gli inizi

In attesa di chi?
Di noi certo, ma di noi nuovi
facevamo dei cenni
tracce di roccia tra
la bocca e il cuore

E siamo ancora in attesa
l’uno con l’altro
l’uno per l’altro 
della nostra novità
di quell’inizio che eravamo

L’ andare via ha sempre un ritornare
va sù, poi giù
disegna come un cerchio magico che
non si chiude mai.

La storia dell’ amore
forse, 
non ci ha toccati.
Ma io vi ho amati.

Il 27 gennaio è il giorno della memoria, per ricordare l’olocausto,Gabriella Paci

L’anima voleva essere pietra

Questa poesia vuol essere appunto un richiamo a ricordare..

In quei giorni d’attesa del niente

dove c’era timore del tempo che ladro

rubava  la vita nella carne diventata

solo pelle attaccata al respiro,

l’anima voleva  essere pietra per non

sentire l’agonia delle ore nel vibrare

del cuore devastato dal dolore per chi

era ormai solo cenere nel vento dispersa.

L’anima voleva  essere pietra per non

vedersi morire ogni volta in uno sguardo

che si specchiava nel fango e non era

più quello di un uomo vero nell’inferno

di terra dove era scritta una storia d’orrore

con l’inchiostro del sangue che scolorava

della neve caduta  il biancore …

e nell’aria vibrava un acuto dolore

Ecco   l’anima voleva essere pietra diventata

 ora lapide e sull’epitaffio solo un nome : pietà.

Tu che passi nel campo di morte,non

scordare di mettere un fiore sulla pietra

che ha visto morire tanti agnelli sbranati

che chiedono di non essere dimenticati.

Auschwitz -.