Poeti: Fernando Pessoa, analisi di Elvio Bombonato

Il mio sguardo è nitido come un girasole.
Ho l’abitudine di camminare per le strade
guardando a destra e a sinistra
e talvolta guardando dietro di me.
E ciò che vedo a ogni momento
è ciò che non avevo mai visto prima,
e so accorgermene molto bene.
So avere lo stupore essenziale
che avrebbe un bambino se, nel nascere,
si accorgesse che è nato davvero.
Mi sento nascere a ogni momento
per l’eterna novità del Mondo.
Credo al mondo come a una margherita,
perché lo vedo. Ma non penso ad esso,
perché pensare è non capire.
Il Mondo non si è fatto perché noi pensiamo a lui,
(pensare è un’infermità degli occhi)
ma per guardarlo ed essere in armonia con esso.
Io non ho filosofia: ho sensi.
Se parlo della Natura, non è perché sappia ciò che è,
ma perché l’amo, e l’amo per questo
perché chi ama non sa mai quello che ama,
né sa perché ama, né cosa sia amare.
Amare è l’eterna innocenza,
e l’unica innocenza è non pensare.

FERNANDO PESSOA, 1914 tr. Luigi Panarese, Passigli

In questa lirica, spensierata e allegra, Pessoa afferma che il poeta deve avere lo sguardo puro e trasparente, come quello di un bambino (lo ‘stupore essenziale’), esaltando le cose senza presente, che devono essere solo viste, e non pensate,
perché il pensiero corrompe la percezione limpida e originaria del mondo. Teorizza l’inconciliabilità tra pensiero e sentimento ‘chi ama non sa mai quel che ama’, perché il sentimento si nutre solo di sé stesso. In questa poesia, infatti, sceglie, per esprimere la propria filosofia di vita, il girasole, che segue il sole nel suo percorso, perché il sole è la fonte della sua vita e la sua guida.

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