NaElia canterà in Vaticano al concerto per la pace del 1 gennaio 2023

NaElia : giovane artista cantante

Curriculum Biografia artistica NaElia

Eliana Antonia Tumminelli, è una cantautrice siciliana. Premio Fabrizio De Andrè 2011 e tra i 4
vincitori Musicultura 2012. Premio Mogol 2011 e Sergio Endrigo a Milano. Tra i vincitori di
AreaSanremo 2013/14 con “Mi si è rotto l’hard disk”. Nel 2010, in RAI XFactor “The way you
Make me feel” di Michael Jackson, Skin dirà di lei, “hai uno stile tutto tuo, straordinario”. Regista
e scrittrice de “Il malinteso” concerto teatrale in data unica a Teatro E. de Filippo, diretto da
Tosca. Nel 2017 in apertura per “Two minuettos”, a Uri Caine e Paolo Fresu Pietrelcina, Casa del
jazz Roma per Joe Barbieri. Apprezzata pubblicamente da Barry Harris. Collabora con artisti legati
al rock, Alessandro Papotto, jazz, Fabrizio Bosso, pop, soul, afro americana, e funk della scena
Londinese e del New Jersey, Dresda per la classica. “The way” in rotazione su Rai Radio 1. Nel
2017 Niccolò Fabi apprezza “Ti Rivedrei”: “mi ha ricordato Lucio Battisti”. Lei afferma scherzando:
“no, somiglio più a F. Zappa per le origini e l’interdipendenza discografica e “mi piacciono il rock,
il soul e il blues”. Cheope figlio d’arte di Mogol, con cui firma un brano in collaborazione,
ascoltando “La primavera della pace” ultimissimo singolo sulla guerra in Ucraina, “Molto Battiato”. Stimata, tra gli altri, da Ron, Andrea Miró e Massimo Ranieri, con il quale ha lavorato in tour due anni, nel cast della sua prima regia per il musical “Poveri ma Belli” , notata da Adriano
Pennino seguita in varie produzioni. Seguita anche da personalità come la figlia di Ennio Melis
(RCA), Sarà presente al concerto per la pace di Natale in Vaticano, in prima serata tv su canale
Cinque con il brano “Ipotizziamo io e te” eseguito con l’orchestra dal vivo in quanto vincitore del
Christmas contest 30a edizione.
Album “Caso Caos” (2015), “A piedi nudi sulla Terra” (2015/2018), “L’Alphabeto” (2018),
“Vittim e blue” ep (2019), “Convivenza” raccolta e “L’astronauta” ep (2022).
Tumminelli Sicilian songwriter. Fabrizio De Andrè Award 2011 and among the 4 winners
Musicultura 2012 and Sergio Endrigo Award in Milan. Among the winners of AreaSanremo
2013/14 with “Mi si è rotto l’hard disk” (my hard disk is broke). In 2010, performed Michael
Jackson’s “The way you Make me feel” live in XFactor Italy, broadcasted by RAI Skin said about
her, “you have your own style, extraordinary”. Director and writer of “Il malinteso” (“the
misunderstanding”) theatrical concert on a single live at Teatro E. de Filippo, directed by Tosca. In
2017 opening for “Two minuettos”, in Uri Caine and Paolo Fresu Pietrelcina, Casa del jazz Roma
for Joe Barbieri. Publicly appreciated by Barry Harris. She collaborates with artists related to rock,
jazz, pop, soul, AfroAmerican, and funk of the London and New Jersey scene, Dresden. In 2017
Niccolò Fabi appreciates “Ti Rivedrei” with the following review: “it reminded me of Lucio Battisti”.
She jokingly states: “no, I look more like F. Zappa for the origins and interdependence of records
and I like rock, soul and blues”. Appraised and feat Alfredo Rapetti Mogol Noted by personalities
such as the daughter of Ennio Melis (RCA), she signs with Helikonia, a label of “Parco Auditorium
della musica Ennio Morricone”. “Caso Caos” (2015), “A piedi nudi sulla terra “(2015/2018),”
L’Alphabeto “(2018),” Vittim e blue “(2019),” Convivenza” collection 2020, songs “Tulipano –
un’artista”, “Se ci guarirà il tempo” in feat with Fabrizio Bosso

Scrive NaElia :” Si avvicina il Natale e quest’anno si realizza un sogno, sarò in prima serata Tv su canale cinque il 1 Gennaio, canterò una mia canzone al concerto in Vaticano per la pace. Grande gioia poter esprimere un messaggio di speranza in questo momento storico. “Ipotizziamo io e te” è già disponibile su Spotify e YouTube sui canali NaElia
vi condivido invece con l’ augurio di buon Natale un’altro brano che spero vi faccia compagnia per le vacanze assieme a quello che canterò in tv.”

“vieni via con me”
https://youtu.be/fTXqU5w-Mi4

Per ascoltare il brano del concerto
“ipotizziamo io e te” 
Ecco i link

SPOTIFY:
https://open.spotify.com/album/7vYSjfMRRUue2K8EaOsy7e?si=ShUrYyazRbmblgSp8AZpJA

YOUTUBE:
https://youtu.be/y_cSVGqXJH0

👇👇👇
http://nonsolopoesiarte.art.blog/2022/12/08/naelia-una-giovane-artista-italiana/

http://alessandria.today/2022/12/08/naelia-cantera-al-concerto-in-vaticano-per-la-pace-il-prossimo-1-gennaio-2023/

Poeti: LA QUERCIA CADUTA, di Giovanni Pascoli. Recensione di Elvio Bombonato

Alessandria, pubblicato da Pier Carlo Lava 

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LA QUERCIA CADUTA

Dov’era l’ombra, or sé la quercia spande

morta, né più coi turbini tenzona.

La gente dice: Or vedo: era pur grande!

Pendono qua e là dalla corona

i nidietti della primavera.

Dice la gente: Or vedo: era pur buona!

Ognuno loda, ognuno taglia. A sera

ognuno col suo grave fascio va.

Nell’aria, un pianto… d’una capinera

che cerca il nido che non troverà.

GIOVANNI PASCOLI, Primi Poemetti, 1900

Tre strofe e un verso irrelato; 10 endecasillabi; i vv. 8 e 10 sono tronchi. Rime: spande/grande, tenzona/corona/buona, primavera /sera/capinera; va/troverà. Questa lirica è un quadretto di genere, protagonisti sono gli abitanti del borgo, che fanno legna con il tronco e con i rami della quercia.

Parafrasi. ‘Dov’era l’ombra’: è scomparsa per sempre; ‘spande‘: era grande; turbini’: venti forti; ‘la gente dice/dice la gente: inversione sintattica; ‘corona’: delle foglie e dei rami; ‘nidietti’: diminutivo, Pascoli, infantilmente, adorava i diminutivi, ‘ognuno loda, ognuno taglia‘: iterazione del pronome soggetto; grave fascio’: pesante carico, Leopardi “Canto notturno”; ‘nell’aria un pianto …’: l’ellissi del verbo e i puntini di sospensione rendono il senso di smarrimento del poeta (Nadia Ebani); ‘capinera’: epiteto affettuoso che Pascoli usava per Mariù, la sorella minore; ‘il nido che non troverà’: la morte della quercia ha provocato la scomparsa del nido.

Poeti: POSITANO, di Alfonso Gatto. Recensione di Elvio Bombonato

Alessandria, pubblicato da Pier Carlo Lava 

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POSITANO

La meraviglia d’essere nel saldo

d’un costrutto felice, il corpo caldo

nella pietra che vèrzica di sole.

Vi restano più a lungo le parole

non dette ed è, all’accorrere, la svolta

d’un paese che c’è come una volta,

da chiamare per nome e da tacere.

Un sogno dire queste cose vere.

ALFONSO GATTO, Rime di viaggio per la terra dipinta, Mondadori 1969.

Ottava di endecasillabi, anomala perché le rime sono baciate AA BB CC DD. Presenti 4 enjambement, ai vv. 1, 2, 4, 5, che prolungano il verso in quello successivo. Poeta pittore, le sue liriche sono visive e colorate, paesaggi allegri e gioiosi allo splendere del sole e del mare di Positano. Questa poesia elogia proprio il fascino di Positano, la sua terra: Gatto nacque a Salerno nel 1909. Parafrasi: ‘meraviglia’: lo stupore provocato dalla bellezza del paesaggio; ‘costrutto’: disposto in modo coerente; ‘vèrzica’: il verde della verza; ‘la svolta’: arrivato, giri l’angolo e vedi il paese; ‘da chiamare per nome e tacere’: lo chiami per nome, e taci, ammirato; ‘un sogno dire queste cose vere’: questa descrizione reale ha il fascino del sogno.

Poeti: Fernando Pessoa, analisi di Elvio Bombonato

Il mio sguardo è nitido come un girasole.
Ho l’abitudine di camminare per le strade
guardando a destra e a sinistra
e talvolta guardando dietro di me.
E ciò che vedo a ogni momento
è ciò che non avevo mai visto prima,
e so accorgermene molto bene.
So avere lo stupore essenziale
che avrebbe un bambino se, nel nascere,
si accorgesse che è nato davvero.
Mi sento nascere a ogni momento
per l’eterna novità del Mondo.
Credo al mondo come a una margherita,
perché lo vedo. Ma non penso ad esso,
perché pensare è non capire.
Il Mondo non si è fatto perché noi pensiamo a lui,
(pensare è un’infermità degli occhi)
ma per guardarlo ed essere in armonia con esso.
Io non ho filosofia: ho sensi.
Se parlo della Natura, non è perché sappia ciò che è,
ma perché l’amo, e l’amo per questo
perché chi ama non sa mai quello che ama,
né sa perché ama, né cosa sia amare.
Amare è l’eterna innocenza,
e l’unica innocenza è non pensare.

FERNANDO PESSOA, 1914 tr. Luigi Panarese, Passigli

In questa lirica, spensierata e allegra, Pessoa afferma che il poeta deve avere lo sguardo puro e trasparente, come quello di un bambino (lo ‘stupore essenziale’), esaltando le cose senza presente, che devono essere solo viste, e non pensate,
perché il pensiero corrompe la percezione limpida e originaria del mondo. Teorizza l’inconciliabilità tra pensiero e sentimento ‘chi ama non sa mai quel che ama’, perché il sentimento si nutre solo di sé stesso. In questa poesia, infatti, sceglie, per esprimere la propria filosofia di vita, il girasole, che segue il sole nel suo percorso, perché il sole è la fonte della sua vita e la sua guida.

“Da lontano”, di Pierluigi Cappello

“Da lontano” di Pierluigi Cappello

Pubblicato il 1 settembre 2020 da culturaoltre14

Qualche volta, piano piano, quando la notte
si raccoglie sulle nostre fronti e si riempie di silenzio,
e non c’è più posto per le parole
e a poco a poco si raddensa una dolcezza intorno
come una perla intorno al singolo grano di sabbia,
una lettera alla volta pronunciamo un nome amato
per comporre la sua figura; allora la notte diventa cielo
nella nostra bocca, e il nome amato un pane caldo, spezzato.

da Azzurro elementare, poesie di Pierluigi Cappello

Pierluigi Cappello è nato a Gemona del Friuli nel 1967, ma è originario di Chiusaforte. Dopo aver compiuto gli studi superiori a Udine, ha frequentato la facoltà di Lettere presso l’Università di Trieste. Nel 1999 assieme a Ivan Crico ha ideato, e diretto per diverso tempo, La barca di Babele, una collana di poesia edita dal Circolo Culturale di Meduno, che accoglie autori noti dell’area friulana, veneta e triestina. Ha vinto numerosi premi nazionali, tra cui con Dittico il Premio Montale 2004; con Assetto di volo il Premio Bagutta 2007 sezione Opera Prima; con Mandate a dire all’imperatore il Premio Viareggio-Rèpaci 2010 per la poesia. È mancato il 1 ottobre 2017 nella sua casa di Cassacco.

Un poeta di rara sensibilità che ha la capacità di mettere in risalto le persone umili, “invisibili”, che nessuno nota in una società come la nostra, dominata da ipocrisia, egoismo, superficialità e indifferenza. In questo percorso la poesia di Pierluigi Cappello, al pari di  altri poeti friulani, riveste quasi  una funzione etica, nel tentativo di porre in rilievo la parola “autentica” e dare un significato intrinseco ai valori imprenscidibili del vivere civile. Per un approfondimento su un poeta precocemente scomparso – è morto a  cinquanta anni  e dall’età di sedici anni era costretto su una sedia a rotelle a causa  di un incidente che gli aveva privato l’uso delle gambe –  si rimanda al sito Pierluigi Cappello

“Poesia facile”, di Dino Campana

“Poesia facile” di Dino Campana

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Sovente la poesia contemporanea contrappone al grigiore di un’esistenza vuota e solitaria l’anelito vagheggiante un mondo di pace e di armonia, di solarità ideale. In questa  lirica  di struggente delicatezza si respira un senso di desolata solitudine che assilla lo stato d’animo del poeta e lo conduce a un rifiuto della triste realtà. [M.R.Teni]

Pace non cerco, guerra non sopporto
tranquillo e solo vo pel mondo in sogno
pieno di canti soffocati. Agogno
la nebbia ed il silenzio in un gran porto.

In un gran porto pien di vele lievi
pronte a salpar per l’orizzonte azzurro
dolci ondulando, mentre che il sussurro
del vento passa con accordi brevi.

E quegli accordi il vento se li porta
lontani sopra il mare sconosciuto.
Sogno. La vita è triste ed io son solo.

O quando o quando in un mattino ardente
l’anima mia si sveglierà nel sole
nel sole eterno, libera e fremente?
Dino Campana

da I canti Orfici, ed. Vallecchi

ph Eleonora Mello

Dino Campana – Poeta (Marradi 1885 – Castel Pulci, Firenze, 1932). Figlio di un maestro elementare, rivelò presto indole inquieta e straordinaria sensibilità. Dopo il liceo a Faenza, frequentò corsi di chimica all’univ. di Bologna e a Firenze. Ma, incapace di adattarsi alla normalità (per le sue stravaganze ebbe a che fare spesso tanto con la polizia quanto con le istituzioni psichiatriche), preferì viaggiare (l’Italia settentrionale, la Svizzera, Parigi nel 1907; un avventuroso viaggio in Argentina nel 1908; frequenti vagabondaggi in Toscana) e coltivare una prepotente vocazione letteraria, i cui primi frutti apparvero (1912–13) su fogli goliardici a Bologna. Frequentò poi per qualche tempo (1913–14) i circoli fiorentini della Voce e di Lacerba. Andato smarrito il manoscritto di prose e di versi che aveva presentato a Papini e Soffici per un giudizio (ritrovato tra le carte di Soffici nel 1971, fu pubblicato in ed. anastatica: Il più lungo giorno, 1973), ricompose i testi a memoria e li pubblicò a sue spese presso un tipografo di Marradi (Canti orfici, 1914). Dopo una turbolenta relazione con Sibilla Aleramo (1916–17), di cui resta la testimonianza del carteggio (Lettere, 1958), altri viaggi e un tentativo fallito di arruolarsi in occasione dell’entrata in guerra dell’Italia, finì i suoi giorni nel manicomio di Castel Pulci, dove fu ricoverato nel 1918. Nei suoi Canti orfici, raccolta di poesie, di prose liriche e di frammenti (2a ed. ampliata, a cura di B. Binazzi, 1928; 5a ed., con aggiunta di scritti sparsi o inediti, a cura di E. Falqui, 1960), un impressionismo paesistico, affine a quello dei vociani, lievita spesso in un simbolismo denso e ardente, che ricorda A. Rimbaud (soprattutto quello delle Illuminations), suo poeta prediletto insieme con Baudelaire. Discontinua come risultati poetici, nutrita degli echi di una educazione letteraria che include Carducci e D’Annunzio, Nietzsche, il decadentismo francese e il futurismo giocoso di un Palazzeschi, l’opera di C., per l’intensità visionaria, per la lirica suggestione del suo linguaggio analogico, ha avuto largo influsso sulla poesia italiana successiva, in particolare su quella ermetica, e, per l’indicazione, che vi si è scorta, di radicale opposizione agli istituti letterarî, sulle generazioni di poeti formatesi dopo gli anni Sessanta. Ancora da ricordare: Taccuinetto faentino (post., 1960) e Fascicolo marradese inedito (post., 1972).
[Enc. Treccani]

Ad alcuni piace la poesia di Wislawa Szymborska

“Ad alcuni piace la poesia” di Wislawa Szymborska

Pubblicato il 1 febbraio 2019 da culturaoltre14

Ad alcuni –
cioè non a tutti.
E neppure alla maggioranza, ma alla minoranza.
Senza contare le scuole, dove è un obbligo,
e i poeti stessi,
ce ne saranno forse due su mille.

Piace –
ma piace anche la pasta in brodo,
piacciono i complimenti e il colore azzurro,
piace una vecchia sciarpa,
piace averla vinta,
piace accarezzare un cane.

La poesia –
ma cos’è mai la poesia?
Più d’una risposta incerta
è stata già data in proposito.
Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questo
Come alla salvezza di un corrimano.

Con uno sguardo mi ha resa più bella,
e io questa bellezza l’ho fatta mia.
Felice, ho inghiottito una stella.

Ho lasciato che mi immaginasse
a somiglianza del mio riflesso
nei suoi occhi. Io ballo, io ballo
nel battito di ali improvvise.
Wisława Szymborska

(Tratto da La fine e l’inizio , Scheiwiller editrice, Milano 1997. Traduzione di Pietro Marchesani.)

La grande poetessa Wisława Szymborska nasce il 2 luglio del 1923 a Cracovia, in Polonia. La sua infanzia e l’adolescenza sono funestate dallo scoppio della seconda guerra mondiale. La giovane Wisława è costretta, infatti, a proseguire gli studi in clandestinità, ed è in questo modo che riesce a diplomarsi nel 1941. Nel 1943, grazie al lavoro come dipendente delle ferrovie, evita la deportazione in Germania in qualità di lavoratrice forzata. Nello stesso periodo inizia anche la sua carriera artistica: si dedica a illustrare un libro scolastico in inglese. Si iscrive all’università nel 1945 alla facoltà di letteratura per poi passare a quella di sociologia, ma non terminerà mai gli studi. Dopo tre anni deve abbandonare definitivamente per il sopraggiungere di seri problemi economici. Ha però la fortuna di incontrare il saggista e poeta Czeslaw Milosz, Premio Nobel per la letteratura nel 1980, che la coinvolge nella vita culturale della capitale polacca. Si impiega come illustratrice e segretaria presso una rivista bisettimanale, e nel 1948 si sposa. Il matrimonio ha vita breve, e Wisława divorzia dopo sei anni per poi risposarsi con lo scrittore e poeta Kornel Filipowicz. La sua prima poesia, “Cerco una parola”, viene pubblicata nel 1945 su un quotidiano. Inizialmente tutti i suoi scritti subiscono la stessa sorte, in quanto prima di essere pubblicati in formato cartaceo devono passare il vaglio della censura. La sua prima vera e propria raccolta poetica, “Per questo viviamo”, sarà pubblicata molto più tardi nel 1952, favorita dalle poesie che inneggiano al regime socialista. Una precedente raccolta, infatti, non viene data alle stampe come previsto perché giudicata troppo priva di contenuti socialisti. Eppure Wisława, come molti altri intellettuali in quel periodo, abbraccia l’ideologia socialista in maniera ufficiale, tramite cioè la partecipazione attiva alla vita politica del suo paese. Aderisce inoltre al Partito Operaio Polacco, rimanendone un membro fino al 1960. Più tardi prende le distanze da queste sue posizioni ideologiche, che lei stessa definisce “Un peccato di gioventù” e rende pubbliche le sue riflessioni in una raccolta di poesie, “Domande poste a me stessa”, del 1954. Nonostante il suo allontanamento definitivo dal partito sia datato 1960, già prima si mette in contatto con i dissidenti e rinnega quanto scritto nelle sue prime due raccolte poetiche. Alterna l’attività poetica, baciata dalla fortuna nel 1957 con la raccolta “Appello allo yeti”, con il lavoro di redattrice presso la rivista “Vita Letteraria” sulla quale pubblica una serie di saggi “Letture facoltative” poi riprese in volume. Nello stesso periodo collabora anche alla rivista “Kultura”, curata da immigrati polacchi a Parigi. Le sue poesie, spesso molto brevi, sono costituite da versi liberi, scritti in maniera semplice e con una scelta accurata delle parole. Wisława Szymborska utilizza l’arma dell’ironia e del paradosso per affrontare problemi etici e umani di ampio respiro che diventano motivo di denuncia per lo stato delle cose in cui il mondo intero si ritrova a vivere. Tutte le sue poesie sono legate all’attualità del suo tempo storico. Scrive, infatti, componimenti che hanno come tema la compilazione del curriculum vitae, o che ritraggono l’infanzia di personaggi come Adolf Hitler. La sua opera vive e si nutre anche di una intensa attività di contestatrice che diviene sempre più significativa negli anni Ottanta durante i quali si impegna a favore del sindacato Solidarnosc di Lech Walesa. Nel 1996 viene insignita del Premio Nobel per la letteratura. La motivazione che accompagna il premio recita: «per una poesia che, con ironica precisione, permette al contesto storico e biologico di venire alla luce in frammenti d’umana realtà». La poetessa accoglie il premio con sorpresa ed emozione, lei stessa si domanda come sia possibile un tale successo. Contribuisce alla diffusione della poesia francese in Polonia grazie alla traduzione di alcuni poeti barocchi e cura un’antologia di poesia ebraica. La sua ultima raccolta, pubblicata nel 2005, ha un enorme successo, e in una settimana ne vengono vendute quarantamila copie. Wisława Szymborska muore il giorno 1 febbraio 2012 a Cracovia dopo una lunga malattia. Nelle sue poesie ha affrontato più volte la tematica della morte affermando: “Non c’è vita che almeno per un attimo non sia stata immortale“.

Libri: NEI GIORNI, di Enza Sanna. Recensione di Enzo Concardi. Guido Milano Editore

Alessandria, pubblicato da Pier Carlo Lava 

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Enza Sanna

NEI GIORNI

Recensione di Enzo Concardi

Dopo aver letto le pagine della raccolta Nei giorni,della poetessa genovese Enza Sanna, si scopre che la citazione in esergo di Sandra Reberschak – autrice nativa di Venezia – è paradigmatica anche per taluni percorsi esistenziali, psicologici e spirituali che emergono nel libro che stiamo recensendo. Eccola: «Tanti anni sono passati / e io non ho smesso mai / veramente di provare / il vuoto incolmabile / che mi dilaniava bambina, / ma ho dovuto imparare / a cercare altri rifugi, / come quello della gratificante / certezza delle parole». Forse per la nostra poetessa quel “vuoto” non è così radicale, ma esso esiste nonostante che la memoria degli affetti familiari perduri nel suo animo senza fine: «Stempera il tempo il dolore della perdita /…/ ma la famiglia d’origine è per sempre / non ti lascia mai nel tuo cammino / è parte di te, rivive nei gesti e nei pensieri / è assenza fisica mutata in spirituale presenza / fortissima, ma non ti assolve / dall’incolmabile vuoto che abita il tuo cuore» (La perdita e l’assenza). E così la figura materna suscita in lei sentimenti dolcissimi di gratitudine per il dono della vita e per esserci sempre nei giorni solitari della sua parabola terrestre, nel senso di amarezza che copre anche esperienze e ricchezze esistenziali (Dodici maggio), mentre il ricordo del Natale in famiglia la riporta nel cuore autentico dei legami di sangue.

Del resto, in altre liriche, Enza Sanna si fa trasportare nella dimensione memoriale, ricostruendo attimi e momenti del passato nella sua terra d’infanzia con quella forte oniricità e, allo stesso tempo con senso di concretezza, che si rivelano tra le cifre più importanti della sua poetica: e vede la quotidianità nei casolari collinari, il danzare agreste nelle aie contadine, assapora il profumo del pane croccante appena sfornato, ascolta il fruscio del vento fra mandorli, mirti e ginestre e il maestrale che turba la risacca marina. 

 I “rifugi” della Reberschak potrebbero essere quei quieti angoli di mondo, quelle zone tranquille dello spirito, quel ripiegarsi in sé tipici del crepuscolarismo gozzaniano, così come si possono anche, talvolta, riscontrare nella Sanna che, d’altro canto, possiede inoltre interessanti introspezioni in cui, se il referente di partenza è individuale, indi diviene metamorfosi e sublimazione nell’universale e nel metafisico. Ne è testimonianza – tra le altre – la lirica Certezza di cose vere, dove l’aurora, la luce, la speranza, l’eternità appaiono essenziali per la vita, come necessari sono quei bipolarismi filosofici e comportamentali anch’essi parte importante della sua visione del mondo: qui si tratta dell’incontro fra «mente e cuore», «passione e cautela», «trascendenza e ragione» … e l’immaginazione colma «un vuoto d’amore». Ed anche Sopraggiunge il crepuscolo, dove gli oggetti di casa si trasformano in attaccamento verghiano alla ‘roba’. Il motivo della luce, in tutte le sue valenze e dimensioni, mi sembra tuttavia prevalente e signoreggiante su ogni altro. E non potrebbe esserci testo più esplicito de L’allegria della scrittura per significare la funzione della poesia secondo la poetessa. Di fronte all’inesorabile ‘panta rei’ eracliteo e all’incertezza della condizione umana, i versi finali non lasciano dubbi sul valore catartico della letteratura: «…Soccorre il canto / la parola che può esser pietra o farfalla / ma l’allegria della scrittura è atto di speranza / per l’anima che anela l’infinto / ha fame del mito, voglia d’oceano / a nutrire impalpabili emozioni / come bianche meduse in cresta all’onda». 

 Lo stile predilige un andamento pieno e corposo, ricco d’immagini sia paesaggistiche (albe, tramonti, terra ligure, atmosfere suggestive) che figurazioni di categorie filosofiche, con presenze di metafore, ossimori, sinestesie ed altre figure retoriche. Il linguaggio è al servizio di quel senso del mistero («l’occulto regista») che aleggia spesso nelle sue dimensioni pneumatiche. I toni sono sempre elevati, sostenuti, essenziali senza cadute di sorta. Diverse liriche sono riedizioni dell’idillio leopardiano tramite contemplazioni della natura associate a riflessioni che sono uno sguardo sul mondo e sulla vita, e un alternarsi di amarezze e speranze, illusioni e delusioni, vanità del tutto e fiducia nel futuro. Ma l’ancora di salvezza ai silenzi, alle solitudini, all’inadeguatezza esistenziale, al vuoto e al nulla del consumismo e della tecnologia… è sempre Dio (Tu che accendi le mie vie) poiché l’uomo non basta a se stesso.

Enzo Concardi

Enza Sanna, Nei giorni, pref. di Maria Rizzi, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 100, isbn 978-88-31497-89-3, mianoposta@gmail.com.

“TRA SACRO E PROFANO”.  Si inaugura l’esposizione delle tele di Giovanni Battista Carlone (XVII sec.) 

Alessandria, pubblicato da Pier Carlo Lava 

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“TRA SACRO E PROFANO”

 Si inaugura l’esposizione delle tele di Giovanni Battista Carlone (XVII sec.) 

Giovedì 15 dicembre alle Sale d’Arte di Via Machiavelli 13 ad Alessandria, alle ore 18 avrà luogo l’inaugurazione dell’esposizione della seconda tranche di restauro delle tele sovrapporte che fanno parte dell’apparato decorativo di Palazzo Cuttica, sede del Museo Civico. 

Sono le ultime 7 sovrapporte su tela a soggetto biblico e mitologico, attribuite al pittore Giovanni Battista Carlone (XVII secolo), insieme a due tele con decorazioni fitomorfe di autore anonimo, che vanno ad aggiungersi alle altre 5 sovrapporte, anch’esse recentemente sottoposte a restauro e già esposte alle Sale d’Arte, del pittore Giovanni Michele Graneri (Torino 1708-1762), raffiguranti scene di genere. 

Sarà quindi un’importante ed inconsueta occasione per il pubblico di ammirare nei dettagli il ciclo completo di questi splendidi e preziosi dipinti, apprezzando da vicino l’importante intervento che ha consentito di recuperare e restituire le opere al loro antico splendore .

L’esposizione è curata dall’Azienda CulturAle Costrurie Insieme 

L’inaugurazione dell’esposizione sarà preceduta alle ore 17, nell’adiacente sede della Biblioteca Civica “Francesca Calvo”, da un incontro di presentazione del pregevole lavoro di recupero e restauro delle opere intitolate:  Apollo sul carro del sole, Diana sul carro della luna, L’aurora, La guarigione di Tobia, Il giudizio di Salomone, Rachele nasconde gli idoli domestici a Labano, David e Abigail. 

All’incontro organizzato dal Comune di Alessandria in collaborazione l’Azienda Speciale CulturAle  Costruire Insieme e la ‘Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio’ per le Provincie di Alessandria, Asti e Cuneo saranno presenti la dottoressa Liliana Rey Varela, funzionario restauratore della ‘Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio’ per le Province di Alessandria, Asti e Cuneo, e la dottoressa Anna Rosa Nicola, direttore tecnico della ditta ‘Nicola Restauri’ che ha curato lo straordinario recupero di tutto il ciclo di tele sovrapporte, 14 in totale. 

Il progetto di restauro delle tele, avviato nel 2022, rientra un più ampio programma dell’Amministrazione Cittadina di valorizzazione del piano nobile del settecentesco “Palazzo Cuttica”, antica dimora nobiliare da tempo di proprietà civica, oggi sede del museo cittadino. Situato nel centro storico, il palazzo presenta un apparato decorativo di notevole valore storico-artistico (decorazioni in stucco, vetrate artistiche  , arredi lignei finemente intagliati, decorazioni scolpite e del XVIII secolo) 

In particolare, alcune sale del Palazzo sono arricchite dalla presenza delle preziose tele sovrapporta, oggetto appunto dell’esposizione che si inaugura il 15 dicembre, attribuite rispettivamente a Giovanni Battista Carlone (XVII secolo) e a Giovanni Michele Graneri e suoi collaboratori (del XVIII secolo), di elevato valore storico-artistico. 

Le condizioni conservative dei dipinti risultavano assai diversificate, in particolar modo in alcuni casi molto gravi. Alcune tele esibivano notevoli problemi di carattere strutturale e di lettura, con stuccature incongrue e rifacimenti ormai fortemente alterati. 

Grazie alla sinergia fra il Comune, la  Soprintendenza e la Ditta Nicola Restauri – già nota per aver restituito all’originario splendore altri capolavori del patrimonio storico della Città di Alessandria – si è conclusa una parte di questo ampio progetto di valorizzazione della dimora dei Cuttica, che trova la perfetta sintesi  nell’esposizione alle  Sale d’Arte di Via Machiavelli, aperta al pubblico fino a marzo 2023.  

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NOTE SUL RESTAURO

Le sette tele adattate a sovrapporte, quattro a soggetto biblico e tre a soggetto mitologico più piccole, vengono da  due serie diverse e anche in questo caso, cosi come quelle del Graneri, sono state adattate di misura alle mostre di porta del palazzo in un primo  intervento antico, probabilmente ottocentesco.

In una fase successiva del Novecento, i dipinti in cattive condizioni conservative, sono stati applicati su fogli di compensato con colla forte di origine animale. Tale intervento sembrerebbe essere stato eseguito su tutte le tele contemporaneamente, tuttavia la concentrazione della colla era molto più forte sui quattro dipinti con scene bibliche rispetto agli altri tre, tanto che su questi, per poter liberare la tela dal compensato,si è reso necessario intervenire dal retro delaminando progressivamente il supporto prima con frese, quindi con sgorbie e infine con bisturi.  

Per togliere i dipinti dalle mostre di porta, le tele erano state incise lungo il perimetro senza schiodarle dal telaio. Così facendo le parti di tela dipinte che risvoltavano sul retro erano state lasciate inchiodate al telaio.  Nel corso dell’attuale restauro si è constatato che la tela raffigurante Il Giudizio di Salomone  era stata scambiata di posizione all’ interno della chiambrana con quella raffigurante La guarigione di Tobia . Le parti di tela dipinta risvoltate sul retro infatti, che sono state recuperate, erano invertite.

Due frammenti di tela dipinta risvoltati sui telai  degli altri due dipinti a soggetto biblico non sono pertinenti a nessuna delle sovrapporte in questione, potrebbero appartenere alle altre due sovrapporte non oggetto dell’attuale restauro Il passaggio del Mar Rosso e La caduta della Manna, già restaurate nel 2004.

Al di sotto del compensato, sul retro del dipinto raffigurante l’Aurora  sono state ritrovate grosse toppe di tela tenacemente incollate con colla da falegname che chiudevano ampie lacerazioni riferibili ad un restauro certamente precedente all’ultimo che ha applicato il compensato,  forse  coevo o successivo all’adattamento di misura ottocentesco. 

Le condizioni conservative dei dipinti  all’arrivo in laboratorio erano pessime: la pellicola cromatica era solcata da  una profonda crettatura a margini sollevati  con vistose deformazioni a scodella; erano presenti  ampie mancanze non solo di colore,  ma anche di tela,  con perdite importanti che interessavano anche le figure. Uno spesso deposito di sporco inglobato in strati plurimi di riverniciature ingiallite ed ossidate e numerose riprese pittoriche realizzate in modo grossolano e sommario alteravano notevolmente l’aspetto e i toni cromatici originali.

Una volta liberate le tele dal compensato e dalle toppe, il retro è stato accuratamente ripulito da ogni residuo di collante e sostanza estranea. Sono state quindi suturate le numerose lacerazioni e nelle mancanze di tela sono stati inseriti innesti ad intarsio, eseguiti con una tela antica di uguale trama e spessore. Sono state riunite le parti che erano state decurtate che sono state nuovamente risvoltate sul retro del telaio mantenendo le misure dell’adattamento ottocentesco. I vecchi telai, irrecuperabili, sono stati sostituiti con telai nuovi ad espansione micrometrica costruiti su misura.

Con la pulitura, eseguita in modo graduale e progressivo, con miscele di solventi organici e soluzioni detergenti supportati appositamente preparate,  sono state rimosse le vecchie riprese e le riverniciature alterate riscoprendo toni particolarmente vivaci e  recuperando pennellate a spessore, rapide e disinvolte. 

Le numerose cadute sono state poi stuccate a livello  e reintegrate. Le lacune più piccole o localizzate in zone di fondo o sui bordi  sono state chiuse in tono; laddove era possibile comprendere quale potesse essere l’andamento dell’originale la ricostruzione, in tono  è stata evidenziata con un sottile tratteggio; dove invece le lacune erano particolarmente ampie e le informazioni insufficienti per una ricostruzione non arbitraria il tratteggio è stato modulato in toni più neutri.

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NOTE SU GIOVANNI BATTISTA CARLONE (1603-1684) E LE SUE OPERE 

Elenco opere oggetto di restauro:

  • Apollo sul carro del sole 
  • Diana sul carro della luna
  • L’aurora
  • La guarigione di Tobia
  • Il giudizio di Salomone
  • Rachele nasconde gli idoli domestici a Labano
  • David e Abigail(?)

Giovanni Battista Carlone (1603-1684)

Pittore genovese, appartenente alla famiglia di artisti di origine ticinese “dei Carlone”, stabiliti a Genova dalla metà del Cinquecento. La sua formazione a Firenze e Roma non è tanto evidente quanto gli apporti liguri,  che nella sua pittura di grande narratività sono sottolineati dalla forza del colore in cui  è riconoscibile l’influenza di pittori locali come Strozzi, Ansaldo, Assereto, o Giovanni Andrea De Ferrari. Il carattere narrativo, con una forte tendenza al naturalismo, presente nelle sue opere manifesta inoltre l’influenza del Fiasella. Gran parte della sua vasta produzione artistica viene realizzata a Genova; nel suo ambito, possono essere segnalati la cappella del Doge di palazzo Ducale, la chiesa del Gesù o gli affreschi della galleria del palazzo Ayrolo Negrone. 

Nei territori dell’Oltregiogo, in parte anche per i suoi legami personali con Voltaggio – luogo di origine della moglie – troviamo numerosi esempi della sua produzione: nella chiesa del convento dei frati cappuccini di Voltaggio sono presenti le  opere recentemente restaurate di San Francesco di Padova con il Bambino Gesù e San Francesco d’Assisi in estasi; a Parodi Ligure, frazione Cadepiaggio, nella chiesa Parrocchiale di San Remigio è presente  La resurrezione di Lazzaro proveniente dell’antica abbazia di San Remigio, mentre a Gavi (AL) sono di notevole importanza l’affresco raffigurante il Giudizio Universale nell’Oratorio dei Bianchi, e la pala dei Santi Francesco e Gerolamo in adorazione della Santissima Trinità nella Chiesa di San Giacomo. 

Per quanto riguarda la sua produzione per il Ducato di Milano, il Carlone lavora nella chiesa di S. Antonio Abate dei Padri Teatini a Milano, e a Pavia nella cappella di Santa Caterina della Certosa di Pavia. 

A Pontecurone (AL), ora nel Municipio ma provenienti da Palazzo Spinola, sono presenti le due grandi tele raffiguranti Rachele nasconde gli idoli al padre Labano e Coriolano e la famiglia supplice. 

Le fonti riportano anche la notizia della sua esecuzione di tre Storie della vita di San Domenico realizzate ad affresco nel chiostro grande del convento domenicano di Santa Croce di Bosco Marengo (AL), mentre a Piovera esiste un ricco ciclo di affreschi del Carlone nella parrocchiale di San Michele Arcangelo, raffiguranti Scene della vita della Vergine. I dipinti presenti nella città di Alessandria sono opere di cui non abbiamo   indicazioni precise riguardo alla provenienza; in cattedrale è stato collocato il dipinto Giuseppe venduto dai fratelli, donato nel 1848 dal marchese Francesco Guasco di Bisio, mentre che nella sala dell’Appartamento di Parata del piano nobile di palazzo Cuttica troviamo la serie delle nove tele adattate a sovrapporte, di cui sette sono state oggetto dell’attuale intervento di restauro. Sebbene le tele siano evidentemente  state modificate per essere adattate a questi spazi, non esistono notizie sul momento del loro arrivo a palazzo Cuttica né, come anticipavamo prima, dell’eventuale diversa provenienza da altra località. 

Le tele presentano caratteristiche stilistiche e tematiche diverse, essendo ben notevole la differenza fra i due gruppi individuati. Il primo gruppo è costituito di opere di tematica biblico fondate su episodi dell’Antico Testamento – La guarigione di Tobia, Il giudizio di Salomone, Rachele nasconde gli idoli domestici a Labano, David e Abigail (?), Il passaggio del Mar Rosso e La caduta della Manna (queste due ultime non oggetto di restauro) – e si potrebbero datare intorno agli anni cinquanta del Seicento, per le pennellate corpose e sciolte, gli accesi contrasti cromatici su fondi scuri e la teatralità delle scene; esse si caratterizzano per la ricchezza di dettagli, che donano ai dipinti una particolare quotidianità attraverso la rappresentazioni di oggetti di uso comune – come nature morte o animali domestici -accompagnati dal fascino di altri elementi più esotici e lussuosi come corazze, piumaggi, vesti o turbanti.

 Il secondo gruppo di  opere raffigura invece tematiche mitologiche – Il carro di Apollo, Il carro di Diana e la figura allegorica dell’Aurora  – e può considerarsi più tardo, intorno agli anni settanta – ottanta del Seicento, e di provenienza generica dalla bottega del Carlone, per il diverso trattamento del colore e delle forme, e il suo carattere meno narrativo, caratterizzato per scene più limitate per quanto riguarda i personaggi e i dettagli.  

Sabato 17 dicembre 2022, dalle ore 22:30, Avatar destinazione Pandora // Area 51 live

Se la movida alessandrina a fine degli ANNI ’90 ha avuto un’influenza progrèssive, è merito di chi ha iniziato quello scenario al Palace di Serravalle Scrivia.

Discoteca che è stata di notevole avanguardia musicale grazie alle idee di «Max Erre Kennedy» unite agli ORBITAL e a quelle di Claudio Giarelli «Regiamania»

..bravi a trasmettere assieme ai loro artisti e alle Pubbliche Relazioni, una su tutte, Valeria «Other People», quest’effetto di tendenza, creando nel novese un vero e proprio riferimento capace di attirare clubber da molte regioni italiane.

Cᴏɪɴᴠᴏʟɢᴇɴᴅᴏ ʟᴇ ɢᴇɴᴇʀᴀᴢɪᴏɴɪ ᴄʀᴇsᴄɪᴜᴛᴇ ɪɴ ǫᴜᴇɪ ᴛᴇᴍᴘɪ ᴇ ᴍɪʀᴀɴᴅᴏ ᴀ ʀɪᴘᴏʀᴛᴀʀᴇ ɪɴᴅɪᴇᴛʀᴏ ɴᴇʟ ᴛᴇᴍᴘᴏ ᴄʜɪ ғʀᴇǫᴜᴇɴᴛᴀ ɪ ʟᴏᴄᴀʟɪ ᴏɢɢɪ, Ecᴄᴏ ᴄʜᴇ ᴘᴇʀ ᴜɴᴀ ɴᴏᴛᴛᴇ, ʀɪᴠɪᴠʀᴇᴍᴏ ʟ’ᴀᴛᴍᴏsғᴇʀᴀ ᴇ ʟᴀ ᴍᴜsɪᴄᴀ del 𝑷𝑨𝑳𝑨𝑪𝑬 di 𝙎𝙚𝙧𝙧𝙖𝙫𝙖𝙡𝙡𝙚 𝙎𝙘𝙧𝙞𝙫𝙞𝙖

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Per una notte, il VINILE, tornerà di moda


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LORENZO MONACO – ADORAZIONE DEI MAGI

Ho scelto tra le varie e stupende opere riguardanti l’adorazione dei Magi, questa di Lorenzo Monaco, perchè con i suoi accesi colori, con quei personaggi aggraziati che donano un’atmosfera fiabesca, con quel semplice ed umano scenario lontano dai fasti di altri suoi contemporanei, basti ricordare Gentile da Fabriano, ……………………………………https://punteggiaturedelmondo.blogspot.com/2022/01/lorenzo-monaco-adorazione-dei-magi.html

Poeti: “TERRAZZA” di Vittorio Sereni

Vittorio_Sereni

Vittorio Sereni è una figura poetica di cospicua levatura fra gli autori del’900. Lo possiamo  considerare un poeta esistenziale. Probabilmente la sua caratteristica risiede nel fatto che egli sia stato fedele alla qualità del tempo, soprattutto in specifici istanti della sua esistenza, in cui si è soffermato su profonde osservazioni dell’attimo, per proiettarne la dovuta consistenza,  in un probabile futuro .I vissuti eventi della guerra, e soprattutto della sua prigionia, lo hanno coinvolto in modo pressante, facendo scaturire, in lui, accaniti scritti, in cui cerca di portare a termine delle conclusioni sulla gravità di quel dilemma, inspiegabile con la logica mentale. Riporta in versi gli argomenti del periodo che ha vissuto,  delineando in  uno stile del tutto innovativo argomentazioni umane e del quotidiano, senza venir meno al legame fondamentale fra ispirazione ed emozione.

Poesia “Terrazza”

La sera di “Terrazza” si sofferma su un valore arcano : si attende un evento prezioso, che faccia comprendere il senso del tutto. L’atmosfera in cui sono intinti i versi si riassume in questo attendere, nell’ansia d’un silenzioso evento. Una risposta sembra apparire dalla luce d’una torpediniera, visibile all’autore e ai suoi amici; ma tale presenza delude l’attesa, perché il veicolo gira e scompare, lasciando sprofondare nuovamente il tutto nel buio. (Silvia De Angelis)

Libri: MEMORIA DI RAGAZZA – Annie Ernaux

Alessandria, pubblicato da Pier Carlo Lava 

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Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri

Chiara Bisconti

MEMORIA DI RAGAZZA – Annie Ernaux (L’Orma Editore – prima stampa italiana Maggio 2017).

Parte tutto nell’estate 1958: l’estate della scoperta. Il romanzo in se’ è però una RI-Scoperta.

Annie Ernaux si riscopre e scopre se’ stessa guardandosi allo specchio negli anni della tarda adolescenza. Sono gli anni in cui scopre l’amore (non più solo platonico), gli anni della ribellione agli schemi (lasciando liberi da costrizioni anche i capelli) dell’ambiente borghese del paese da cui proviene (Rouen) per trasferirsi altrove in estate a svolgere il suo lavoro di educatrice. Il romanzo narra di come sin dai primi tre giorni, la protagonista sia pervasa da senso di libertà, adrenalina, felicità, ma anche amarezza, tristezza, delusione.

Annie Ernaux dall’inizio del romanzo si chiederà se e come parlare della protagonista, di se stessa…in alcuni punti sembra abbandonare il ruolo di narratrice/osservatrice esterna e di ritornare alla giovane donna del 1958 in una società che si sta avviando a grandi evoluzioni sociali..

Dettagli come sempre minuziosi. Per chi non ha mai letto la Ernaux leggerei questo libro prima del famoso “L’Evento”

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Racconti: Inciampare sulla stessa pietra, usanze e abitudini, di Cinzia Perrone – Autrice

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Inciampare sulla stessa pietra, usanze e abitudini

“L’uomo è l’unico animale che inciampa due volte nella stessa pietra” dice una frase che di sicuro avete già sentito. Che cosa succede però quando ci affezioniamo alla pietra al punto da cadere di nuovo?

“Commetto sempre lo stesso errore”, “non so perché mi succede sempre lo stesso”, “prometto a me stesso che sarà l’ultima volta, ma ricado sempre nella tentazione”. Sono frasi che si possono applicare in molte situazioni della vita, come una dimenticanza, una separazione o una dipendenza.

Gli esseri umani sono animali abitudinari. Sbagliare può trasformarsi in una consuetudine, e forse è proprio per questo che avete deciso di raccogliere la pietra dal terreno e portarla con voi ovunque siate diretti.

Siamo soliti lamentarci della routine e del fatto che facciamo sempre le stesse cose perché siamo annoiati… Ma se ci fermassimo un attimo a pensare alle cose che ripetiamo in maniera inconsapevole e che ci fanno soffrire o essere tristi?

Se avevate promesso che non avreste più mentito, perché lo avete fatto di nuovo? Se avevate giurato che non sareste tornati con il vostro fidanzato dopo l’ultimo litigio, perché siete corsi da lui quando vi ha chiamato supplicandovi di perdonarlo per l’ennesima volta? Se il vostro proposito positivo a inizio anno era quello di smettere di fumare, perché qualche giorno fa avete comprato di nuovo le sigarette?

“Non me ne sono reso conto”, “questa è la volta definitiva”, “ho tutto sotto controllo”, sono le scuse più frequenti. Non ci piace uscire dalla nostra comfort zone, ci sentiamo sicuri al suo interno anche se non siamo felici, conosciamo alla perfezione ogni centimetro della nostra stabilità e ci rifugiamo nell’ombra della pietra che ci continua a far cadere.

Si potrebbe paragonare ad un’esistenza vissuta all’interno di una grande gabbia, con tutte i limiti e la mancanza di libertà che questo implica, ma allo stesso tempo protetti da una stabilità sufficiente a non farci sentire il bisogno di vivere la vita al di fuori di essa.

Non ci rendiamo conto che, finché restiamo lì rinchiusi, le cose si susseguiranno, sempre uguali. La routine fatta dall’alzarsi, fare colazione, andare a lavoro, tornare a casa, guardare la televisione, lavarsi, dormire… è più o meno simile per tutte le persone. Fino a quando non decidiamo di dire “basta”.

Libri: Perché leggere poesie?, di Giusy Poiesis

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Perché leggere poesie?

Le grandi case editrici propongono classici, poesia di scrittori famosi e andati, oppure numeri, sì, numeri che assicurino le vendite, poco importa in verità dei contenuti.

Ci sono piccole realtà che porgono attenzione a ciò che pubblicano perché hanno bisogno di dare alla luce composizioni che possano contare, libri che possano avere un valore per crescere, per affermarsi, e insieme alla loro affermazione anche lo scrittore ha possibilità di emergere.

-Si ha bisogno di lettori per essere scrittori. –

In un tempo nel quale ogni cosa è spinta verso la frenesia capitalistica, la corsa alla supremazia che sfocia in guerra, un tempo catastrofico e violento, dove ancora a subire è il più debole e indifeso, dove la sensibilità umana passa spesso in un luogo secondo. Bene, sì, proprio questo è il momento di pensare, di farsi spazio nel profondo, è il giusto tempo per leggere poesia intensa che possa risvegliare delle emozioni assopite, che dia un senso a ciò che accadde e accade ancora;

Il momento giusto per prendere tra le mani uno di quei piccoli libri, preziosi e puri che raccontano le amarezze della vita presente e passata per non dimenticare. Sì, non dimenticare l’orrore, il disagio, la fragilità degli uomini che sta nella guerra, nella violenza alle donne, nella distinzione di genere, nell’emarginazione, nella costrizione, nelle malattie. Temi che potrebbero sembrare distanti da noi, che invece sono estremamente attuali, troppo attuali e per i quali non è semplice approcciarsi senza cadere nella retorica, ancora meno semplice dar loro un senso poetico.

Scrivere poesia per condividere, per unire, per dire basta, per smuovere le coscienze.

Annalena Cimino è una poetessa che ha fatto della sua penna un vero e proprio timbro infuocato, lasciando l’impronta della sua sensibilità nelle parole che segnano ogni lirica della sua ultima raccolta poetica.

Leggere “Il giardino delle rose strappate” è un viaggio emotivo che attraversa temi davvero crudi e duri, ma che hanno il dovere di essere portati e riportati alla luce e soprattutto dati alla lettura di generazioni presenti e future che hanno bisogno di sapere. Una poesia ha il potere di entrare dentro, ha la brevità e l’intensità, ed è un mezzo attraverso il quale dire, dare.

Annalena è riuscita a riesumare il dolore tra passato e presente per raccontare:

-L’orrore dei campi di concentramento in “Treblinka” (quarto campo di sterminio nazista sorto in Polonia, dopo Chelmno, Belzec e Sobibor).

– L’abominio delle violenze alle donne tema che attanaglia la società moderna, in “Tra le viole e il fango” dedicata a Lucia Pérez la ragazzina di 16 anni morta dopo violenze inenarrabili.

– La scellerata discriminazione di genere in “Triangolo rosa”.

– L’incubo dell’immigrazione in “Sogno di libertà” la disperazione in tutta la potenza delle parole.

– La cultura oscena delle spose bambine in “Favola strappata”.

– La tragica morte di Falcone e Borsellino in “I due giudici”

– La frustrazione di fronte alle malattie che non hanno via d’uscita come l’autismo, trattato con tatto nella lirica “Gli occhi di Angelica”, o verso l’Alzheimer nella lirica “Ho visto piangere un’anima”.

– Con riferimento all’inquinamento che provoca malattie soprattutto nelle terre dove c’è una mentalità che punta all’imprenditoria incosciente che ignora volontariamente il bene e la salute comune in “D’ombre e d’amianto”

– La prostituzione in “Donne di quartiere” …

Queste e tante altre corde emozionali vengono toccate nel profondo dell’essere dai versi dal sapore etico sociale della poetessa di Capri.

La silloge contenente trenta poesie affronta temi impegnativi con coraggio, con la semplicità che sa arrivare a tutti, e nel contempo con una gestione magistrale della sensibilità umana ch’è data solo ai poeti.

Leggere poesia ha il senso umano delle parole, ecco perché la poesia nutre, insegna, segna.

Arricchirsi, leggendo anche poesia contemporanea, nuovi autori che potrebbero farsi storia, altri mondi, altri modi, altre vedute che convergono in uno spazio comune è essenziale.

Con – Il giardino delle rose strappate – Annalena Cimino esprime il senso pieno della vita, la lealtà della parola.

È la sensibilità di donna decodificata in versi. Un urlo contro le ingiustizie del mondo, un faro sulla memoria, sull’attualità che illumina la Poesia e di Poesia profuma. Definire questa silloge in una sola parola?

Sì, toccante.

#giusycarofiglio

“Il giardino delle rose strappate”, Annalena Cimino

con la recensione del dott. Lorenzo Spurio, dato alle stampe dalla Vj Edizioni di Edoardo Ferrario nella Collana Poiesis, frutto del premio letterario Clepsamia 2021. Buona lettura a chi vorrà.

Libri: Trans europa espress, di Paolo Rumiz

Alessandria, pubblicato da Pier Carlo Lava 

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Autore: Paolo Rumiz

Titolo: Trans europa espress

A 60 anni si può partire da una terra di confine come Trieste verso un’altra terra di confine: la Scandinavia là dove la Norvegia lascia il posto alla Russia.

Trieste città rifugio punto di partenza per l’altrove. Guardare il mondo all’incontrario da nord a sud su una mappa per stabilire l’itinerario. Non un viaggio turistico, ma un viaggio insolito in verticale attraverso l’Europa centrale.

“Inutile prepararsi, tanto poi il viaggio farà del suo meglio per far saltare i nostri schemi. E tutto pare una metafora della vita”

Fin dalle prime pagine il libro ti cattura, le descrizioni sono dettagliate, mai noiose, sembra di vedere il luogo descritto, così come di provare le stesse sensazioni dello scrittore. Il bello è abbandonarsi alla lettura, provando a immaginare i luoghi descritti in un lungo e interessante viaggio virtuale tra le righe del libro.

Inizia da quello strettissimo lembo di terra norvegese che confina con l’ex impero sovietico di cui ancora porta i segni, dove ancora residui bellici sparsi ovunque come ricordi della grande guerra e continua per paesaggi industriali come Nikel, una zona dove il grigio è il colore dominante esattamente come il metallo che vi si estrae..

Confini ancora fortemente militarizzati dove i controlli sono minuziosi.

Sono i luoghi che tanto hanno amato gli esploratori dei ghiacci, che da qui sono partiti alla conquista del Polo Nord.

Tra le tante pagine, una descrive una notte insonne a causa della luce che entra dalle finestre che seppur dotate di tende, lasciano ai raggi di un sole basso all’orizzonte la libertà di penetrare tra le sue fessure e abbagliare. Un sole nordico che spunta da nord, non da est all’una di notte, che impedisce di prendere sonno. E quando già arriva l’ora di alzarsi il mondo fuori cade nella penombra. È mattina presto e fuori nella città più a nord d’Europa e della Terra nevica. Dalla luce al quasi buio.

E’ un viaggio anche di incontri fugaci, di conoscenze con le persone del luogo e le loro brevi storie di vita. Conoscere il mondo viaggiando ammirando la diversità di luoghi e di persone.

Pescatori, apicoltori, musicisti, insegnanti per bambini, una coppia di ortodossi, ognuno con la sua vita, con le sue insoddisfazioni e le sue gioie. La storia dei paesi Baltici raccontata in poche pagine: la Lettonia il primo paese a nord simile al sud, i lettoni detti gli italiani del nord e i lituani gli Italiani del sud. Un’analogia con l’italia, che li distingue dalla poca socialità degli scandinavi e dal mutismo degli estoni. Il mondo da nord a sud “diversamente uguale” ovunque.

NB: Per tutto il viaggio incombe la presenza sia dell’ex impero sovietico a partire dagli avamposti di confine con la regione scandinava, sia del nuovo predominio russo imposto da Putin, descritto come l’uomo che sta alimentando una nuova Guerra Fredda.

“I sommergibili nucleari di Putin, allineati come sgombri luccicanti sul bancone di un pescivendolo, dicono all’Ovest che l’Orso non dorme”.( Cattivi presagi)

“La mia mappa delle meraviglie dice che da queste parti passano molti dei gasdotti russi che riforniscono l’Europa. Dai loro rubinetti dipendono gli equilibri mondiali” ( Bielorussia)

“Noi la sentiamo benissimo la tensione. Qui passa la vera frontiera tra Est e Ovest…… Se l’Ucraina smette di essere quello che è stata per secoli, cioè confine cuscinetto, per entrare in un’alleanza occidentale, succede il putiferio. Il paese che è filo-russo a oriente, si spezza in due e allora Mosca interviene. “

Passando e ripassando più volte il confine l’autore si sente come un gatto che é passato sotto il naso dell’orso senza svegliarlo.

Il viaggio è del 2008 e il libro è stato pubblicato nel 2012. Nel 2014 l’orso si è svegliato e nel 2022 è successo il “putiferio ” che tutti si aspettavano.

Libri: Il rosmarino non capisce l’inverno, di Matteo Bussola

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Matteo Bussola

Il rosmarino non capisce l’inverno

Racconti di donne diverse con storie diverse, donne con sfaccettature, caratteri, emozioni differenti ma l’aspetto che più mi ha fatto riflettere è stato lo sguardo da diversi punti di vista, lo stesso panorama visto con occhi diversi. C’è un filo conduttore dall’inizio alla fine che tesse la trama di tutte queste storie apparentemente slegate tra loro. Subito ho fatto fatica a coglierlo e alla fine sono dovuta tornare indietro tra le pagine per ritrovare il filo. Libro delicato che forse meriterebbe una seconda lettura per godere appieno delle sue qualità.

Baciami di Jacques Prévert

Oramai un classico

almerighi

Era in un quartiere della città-luce,
dove fa sempre buio dove non c’è mai aria
e inverno come estate lì fa sempre inverno
Lei era sulle scale
e lui accanto a lei e lei accanto a lui
era notte, c’era odore di zolfo
perché nel pomeriggio avevano ucciso le cimici
e lei diceva a lui fa buio qui non c’è aria
e inverno come estate fa sempre inverno qui
Il sole del buon Dio non brilla qui da noi
ha fin troppo da fare nei quartieri dei ricchi
stringimi fra le braccia
baciami
baciami a lungo
baciami

più tardi sarà troppo tardi
la nostra vita è ora
qui si crepa di tutto
dal caldo e poi dal freddo
si gela si soffoca
non c’è aria
se tu smettessi di baciarmi
credo che ne morrei soffocato
hai quindici anni ho quindici anni
in due ne abbiamo trenta
a trent’anni non si è più ragazzi

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MEMORIE MISTERIOSE, di Silvia De Angelis

Sommersa nell’encomio della sera

 scivolo nell’incapacità di vivere vertigini emotive del pensiero.

 Divinizzo flussi di memorie misteriose

 rasenti lusinghe sensuose di cangianti amori

dischiusi nell’enigma d’un eccesso di passione. 

Vibra uno stimolo di febbre momentanea

sulla bisboccia di luna irriverente 

nel monologo d’un vento labile ch’evochi primavera…

 @Silvia De Angelis