Un dramma senza fine e assolutamente innaturale ha colpito la vita di Oscar Garcia Junyent, ex giocatore e attuale allenatore di calcio. Dopo mesi di lotta contro una brutta malattia, si è spenta per sempre la sua figlioletta. Ad annunciarlo ci ha pensato lo stesso mister, pubblicando una foto che lo ritrae insieme alla piccola e accompagnandola con uno struggente addio.
La vita a volte è crudele
Veder morire un figlio o una figlia è un episodio che la natura non dovrebbe prevedere e che non dovrebbe mai succedere. Tuttavia, la vita a volte è crudele e il destino sceglie persone che devono affrontare questa montagna insormontabile di dolore.
Qualche anno fa, precisamente nel 2019, il mondo del calcio mondiale si era stretto intorno a Luis Enrique, ex calciatore spagnolo e allenatore di diverse squadre prestigiose, compresa la nazionale del suo paese.
Sua figlia, la piccola Xana di soli 9 anni, volò in cielo pochissimi mesi dopo che le venne diagnosticato un osteosarcoma. Praticamente un tumore delle ossa, che nella maggior parte dei casi si manifesta proprio nei bambini e negli adolescenti, quando l’osso è in fase di crescita.
Un nuovo appuntamento a cura di Flora Rucco nel salotto culturale Interno 4
Domenica 27 novembre alle ore 19 a Interno 4 in via della Lungara 44 a Roma appuntamento con ESPERART di Flora Rucco che presenta “Sinfonie di Novembre” serata artistica della rassegna di arte e cultura “Trascendenze”. Una serata dedicata agli artisti nati sotto il segno del sagittario, nello zodiaco hanno maggiore propensione all’esplorazione del diverso o del lontano da sé. Interverranno: Flora Rucco, pittrice, Luciana Capece, poetessa, critico letterario, Loreta Carnevale, scrittrice, Enzo Carnevale, regista, autore, Sonia De Meo, attrice psicologa, Lucia Batassa, attrice, drammaturga, Manuela Di Salvia, attrice, autrice del libro “Il viaggio”, Giuseppe Cataldi, cantautore, Anna Avelli, poetessa. Presenta Chiara Pavoni. Aperitivo artistico.
Noi donne sotto un apparenza fragile e gentile, nascondiamo una grande forza e volontà. Stranamente la nostra fragilità ci fa essere forti , energiche, combattive.Siamo idealiste e romantiche, crediamo nella forza dell’amore e pensiamo che tutto possa cambiare grazie a questo sentimento grande che ci appartiene. Cambiare, cambiare si può per amore, questo lo crediamo e quasi mai avviene.
La nostra forza fisica è limitata e proprio per questo siamo tenaci, resistenti, perspicaci, abbiamo una sopportazione del dolore fisico e morale che nessun uomo possiedera’mai! Amiamo sempre, anche a costo del martirio fisico e psicologico! Amiamo perché pensiamo che per amore si possa cambiare! Noi lo facciamo, per i nostri figli, per il nostro compagno o semplicemente perché dobbiamo adattarci.
Viviamo sempre in mezzo a sentimenti di colpa, ho sbagliato, ho fallito, non sono stata capace! Se veniamo trattate male, pensiamo che il nostro comportamento ha generato quel tipo di situazione. Se veniamo schiaffeggiate, prese a calci, controllate, minacciate, pensiamo che forse siamo noi generare un certo tipo di comportamento!
La violenza fisica è visibile, la violenza psicologica invece non è visibile, possiamo viverla ogni giorno, siamo colpevoli di ogni cosa, la casa non è pulita abbastanza, il cibo fa schifo, non sei capace a fare la madre, figli e compagni che ti prendono a male parole. Non ti senti all’altezza, non ti senti adatta, tutto ciò che fai è sbagliato, fatto male!
Sei una poveretta, non capisci nulla e noi donne ad ascoltare il cumulo di parole che ci cadono addosso, prima come pietre poi come macigni che ti schiacciano e ti annullano. L’uomo è forte fisicamente e con le parole ma, fragile dentro e l’unica arma contro di noi è la sua forza e la sua violenza. Ci distrugge con l’unica arma che sa di possedere, la forza fisica.
Quando l’uomo perde terreno e sa che le violenze verbali, fisiche non bastano più per tenersi la sua donna, di proprietà, sa che dovrà compiere l’atto estremo, ucciderla, ucciderle i figli, sfigurarla con la complicità di una società che scusa e perdona la fragilità del povero uomo! Nessuno riesce a fermarli, nessuno ha la volontà di fermarli, nessuno li condanna abbastanza duramente e noi continuiamo a morire, morire perché abbiamo amato, morire perché abbiamo sperato, morire perché dovevamo morire per un amore malato che invece speravamo di cambiare.
L’ennesimo delitto in cui l’uomo manifesta la sua paura e fragilità ma, anche l’ennesimo fallimento dell’essere uomo. Non si può chiamare uomo chi compie un atto cosi bestiale, non portiamo fiori a tutte le donne morte per mano di un essere che uomo non è, portiamo a tutte le donne giustizia una volta per tutte. Iris G. DM
Mi sento come un foglio bianco usato e stropicciato, un foglio dove forse non c’è scritto niente o invece ci sono una miriade di parole, ma nonostante tutto un foglio accartocciato che non si sa ancora se stracciare e gettare o aprirlo stirandolo alla meglio con le mani facendo rimanere impresse tutte le pieghe. Non sono affatto affranta o delusa, sono in stallo tra il sorriso e il pianto, quel momento giusto che in natura si chiama autunno e io lo sento dentro il cuore. Colori caldi, rossi e gialli intensi che portano tanto senso d’amore ma al tempo stesso lasciano aperto quel brivido di pensare e pensare a volte anche sbagliato, gli ultimi colori dorati in un azzurro grigio perlato di un mare già agitato per la fretta di cambiare. E in questo stallo, tra due piedi e due emozioni, vedo che il tempo sta scorrendo e siamo già a Natale.
Io con il Natale ho sempre avuto un rapporto particolare, al di la della fede e del senso religioso, che può essere certamente personale, a me quel senso commerciale invasivo, quella felicità “obbligata e concentrata”, quell’essere cordiali e umani all’improvviso e in quel determinato momento, ebbene non mi hanno mai rapita nel cuore e nella mente.
Ho trascorso ormai tanti mai di quei Natale che tanti si accomunano e pochi sono quelli speciali da potere ricordare, al di la delle tradizionali cene o pranzi con tutti ( e dico e sottolineo tutti) i parenti anche quelli che non avevi mai conosciuto e che improvvisamente ti venivano vicini e con un sorriso a 32 denti ti accarezzavano e con la faccia tosta di conoscerti da sempre ti rifilavano la tipica frase fatta…..”come sei cresciuta! Ti stai facendo davvero carina, tutta la zia…. ( l’ennesimo nome di una zia morta che tutti conoscevano tranne io!).
Ho odiato quella zia che mi somigliava e io non ci ho mai comunque creduto.
Ho trascorso Natale, sola con me stessa, raccolta in una coperta per ripararmi dal freddo che abitava ormai in quella casa di quattro mura, dove il riscaldamento era una stufa a legna, ma legna non ce n’era perchè per averle bisognava pagare e al tempo il mio lavoro era assai precario e mal remunerato, e sola mi stringevo la coperta e sospiravo a tempi migliori con la speranza di cambiare.
Natale pieno di doni e di regali, doni fatti per partecipazione e regali insignificanti, ripetitivi e assolutamente inservibili, obbligo della società e obbligo al consumo anche e soprattutto del superfluo.
I Natale più belli li ho trascorsi quando avevo i figli ancora piccoli e allora tutto era dedito per loro, per loro ci addossavamo il faticoso lavoro dell’albero, faticoso nel sceglierlo, addobbarlo e poi sfarlo, il presepe che ogni anno doveva essere diverso per poi finire ad essere sempre uguale ma con uno spirito di gioia sempre diverso.
Troppo presto parlare di Natale?….Ma se nei supermercati e nei centri commerciali i Panettoni e i Pandoro sono quasi terminati, se le luci nonostante ci sia una crisi energetica in giro, a me paiono molto più numerose e brillanti di un tempo e già da quasi un mese sono accese!
E la guerra in corso? E le persone che muoiono dai soprusi dei più? E …..ma già queste cose non fanno il senso della festa e del Natale, tanto, come ieri contro la violenza sulla donna, come sempre si sono usate scarpe rosse, bende all’occhio e nomi di donne filmate su un muro colorato di rosso sangue o rosa sbiadito, e oggi tutto è già passato, come passerà anche la guerra e la morte, e l’appuntamento è “convenzionale” al prossimo anno a “ricordare”.
Ecco che riprendo il foglio bianco accartocciato e nonostante lo abbia stirato con le mani, le rughe ovvero le piegature rimangono impresse e non si possono più eliminare.
Prima di questo avevo letto di Echenoz solo “Ravel”, una biografia garbata e attenta soprattutto agli aspetti umani e caratteriali del musicista, che mi piacque molto.
Nonostante ciò sono stata indecisa se iniziare Inviata , avendo letto commenti poco favorevoli ad eccezione di uno : ho così deciso di rendermene conto da me, ed eccomi qua!
Certo non lo metterò nella cerchia dei miei più amati in assoluto, ma, pensandoci bene, trovo che ha una originalità che mi ha soddisfatta.
Anzitutto lo posso definire una spy- story, anzi no ( eccoci!): è più una parodia del genere! Gli elementi ci sono tutti: lo spionaggio internazionale, il super potente super cattivo, la bella donna, le conquiste erotiche, le armi più o meno sofisticate e così via. Ma l’impresa è affidata a personaggi improvvisati, imbranati o addirittura inconsapevoli; la soluzione finale ( che certo non rivelerò) è ben diversa da quella che ci aspetteremmo.
Tutta l’azione poi sembra non decollare mai: per una buona metà del libro ci si dilunga in preparativi, molto tranquilli, e si fa conoscenza con una serie di altri personaggi che apparentemente sono solo di contorno. Ovviamente alla fine tutto si incastrerà vicendevolmente.
Oltre a questo, la stessa scrittura ha le caratteristiche della lentezza, della divagazione, magari a vantaggio delle descrizioni d’ambiente o del carattere di un personaggio: divagazioni che sembrano fatte apposta non per creare una suspense, ma per diletto dell’autore. A questo proposito cito la ripetuta informazione sui percorsi parigini, a piedi o in metrò, di qualche personaggio ed in particolare del “mercato selvaggio caotico come un terreno incolto” che invade un boulevard ( cap. 3°).
Nei momenti poi d’azione sembra prevalere nei personaggi un elemento paradossale o irrazionale ( emblematici i due che dovrebbero fungere da guardie del corpo).
Eeeh, però però…mi viene spontaneo un pensiero: ma quanta irrazionalità esiste nella realtà!? E mi riferisco a “personaggi” emblematici di potere o politico o economico, che agiscono su questo pianeta non in un romanzo… Ma via, anch’io divago, forse.
Accennavo poco fa all’autore: Ecco una caratteristica “vistosa” di lui è proprio la sua presenza nel libro, attraverso sia una brillante ironia, che sparge a piene mani nel linguaggio e nelle situazioni, sia attraverso ricorrenti ( forse anche troppi) interventi di lui medesimo al lettore.
«Ora, se non vi dispiace, ci occuperemo un po’ del marito». A volte finge di essere un personaggio interno alla storia: «Il giorno seguente, nel pomeriggio, visto che non avevamo niente da fare e passavamo giusto di lì, ci siamo introdotti con discrezione in casa di…» A volte assume il ruolo di “cronista” della vicenda : «dobbiamo interrompere questa scena perché ci è appena pervenuta una notizia».
Addirittura gioca sulla propria onniscienza di narratore, confessandone dei limiti: « Benché ci siamo un giorno vantati di essere i più informati di tutti, dobbiamo ammettere che al momento non sappiamo che ne sia stato di lui».
Questo giocare con il lettore può anche non piacere, in effetti, però l’ho chiamato gioco proprio perché l’autore pare proprio divertirsi a smontare certe regole narrative (« questo ora non ve lo dico»), ed a rovesciare il modo di raccontare senza preoccuparsi di aderire ad un genere. Tanto più che, sotto sotto, ci dipinge certi equilibri planetari che di divertente hanno poco.