Stagione internazionale di concerti sugli organi storici al Vivaldi

Mercoledì 9 Novembre 2022 alle ore 18 presso l’Auditorium Pittaluga (via Parma 1, Alessandria)

il Conservatorio “Vivaldi” ospiterà la XLIII Stagione internazionale di concerti sugli organi storici della provincia di Alessandria a cura dell’ Associazione Amici dell’Organo:

Concerto di ANTONIO GALANTI e ANDREA VANNUCCHI pianoforte a quattro mani
L’integrale per grand’organo di César Franck (1822-1890) – Trascritto per pianoforte a quattro mani da musicisti coevi – Parte Prima – Prima esecuzione del nostro tempo.

Comunicato stampa dell’Associazione Amici dell’Organo

La quarantatreesima Stagione di Concerti sugli Organi Storici, promossa dagli Amici dell’Organo e sostenuta dalle Fondazioni CRT, CRAL, dal Gruppo Amag, dalla Regione Piemonte e dal Consiglio Regionale del Piemonte, si conclude con una grande novità rispetto alle scorse edizioni. Si tratta di due eventi straordinari, che si terranno mercoledì 9 novembre alle 18 nell’AUDITORIUM DEL CONSERVATORIO “A. VIVALDI” DI ALESSANDRIA e giovedì 10 novembre ore 21 presso il TEATRO CIVICO DI TORTONA. Il secondo concerto è dedicato alla memoria di Paolo Perduca e gode del Patrocinio di Perosi Festival 2022 – 150° anniversario.

“Quest’anno ricorre il bicentenario della nascita di César Franck – dice Letizia Romiti, curatrice della Rassegna – e la nostra provincia non ha a disposizione che pochissimi strumenti adatti ad un simile repertorio, oltretutto spesso in pessime condizioni. Perciò abbiamo colto al volo l’occasione offertaci dai musicisti toscani Antonio Galanti ed Andrea Vannucchi di proporre in due diversi concerti la trascrizione per pianoforte a quattro mani dell’integrale per grand’organo del grande maestro francese, effettuata da musicisti coevi. Le trascrizioni sono state recentissimamente rinvenute in Francia. Questo consentirà di avere per la prima volta all’interno del nostro Festival una prima esecuzione assoluta per l’Italia e una prima esecuzione del nostro tempo e, contemporaneamente, di portare in qualche modo il repertorio organistico anche in spazi insoliti come i teatri.”

Le trascrizioni per duo pianistico furono realizzate da tre grandi personalità del mondo musicale parigino coevo a Franck: si tratta di Albert Decaux, compositore ed organista, titolare del grand’organo della basilica del Sacro Cuore di Montmarte a Parigi ed in seguito insegnante all’Eastman School of Music di Rochester, negli Stati Uniti; di Gaston Choisnel, organista, arrangiatore ed editore, e di Jacques Durand, della famiglia proprietaria dell’omonima Casa editrice e cugino di Choisnel. Vista la levatura degli arrangiatori è da credere che in Francia molti musicisti le abbiano conosciute, anche se per ora non si hanno notizie di pubbliche esecuzioni. Quasi sicuramente in Italia queste opere all’epoca non furono divulgate, per cui si può parlare di una vera e propria riscoperta in tempi moderni di questo rarissimo repertorio, che verrà diviso in due distinti concerti.

Ad Alessandria si ascolteranno nell’ordine

la “1re Fantaisie en ut majeur op. 16” (transcription par Gaston Choisnel),

la “ Grande Pièce Symphonique en fa # mineur op. 17” (Gaston Choisnel),

il “Prélude, Fugue, Variation en si mineur op. 18” (Abel Decaux),

la “Pastorale en mi majeur op. 19” (Gaston Choisnel),

la “Prière en ut # mineur op. 20” (Gaston Choisnel)

e il “Final en si b majeur op. 21” (Gaston Choisnel)

mentre a Tortona sono in programma:

– 2me Fantaisie en la majeur (Gaston Choisnel)

– Cantabile en si majeur (Gaston Choisnel)

– Pièce Héroïque en si mineur (Gaston Choisnel)

– Trois Chorals pour Grand orgue (Jacques Durand)

N. 1 en mi majeur

N. 2 en si mineur

N. 3 en la mineur

Il Duo Galanti-Vannucchi nasce nel 1993. È formato dagli organisti e pianisti toscani Antonio Galanti e Andrea Vannucchi. Il repertorio comprende opere per due organi, organo a quattro mani e pianoforte a quattro mani, con particolare riguardo alla prassi esecutiva, anche su strumenti originali. L’ambito storico spazia dalla musica barocca a quella dei nostri giorni, includendo anche trascrizioni e realizzazioni originali e prime esecuzioni assolute. Il Duo ha ricevuto il 1° premio al XXXI Festival Musica Antiqua, Belgio, per la specifica categoria riservata alle esecuzioni su due organi e organo a quattro mani.

Antonio Galanti, compositore e organista, pianista e pubblicista, studia al Conservatorio di Firenze con G. Sacchetti, M. Mochi e C. Prosperi. Si diploma in Pianoforte, Composizione, Organo, Strumentazione per banda e Musica corale. All’Università di Pisa si laurea in Lettere, con tesi in Storia della musica. Si perfeziona all’Accademia di Musica Italiana per organo di Pistoia con L.F. Tagliavini, S. Innocenti, L. Tamminga e H. Vogel. Consegue il 1° premio al VII Concours Suisse de l’Orgue, Svizzera, e il 3° premio al XVIII International Edvard Grieg Competition for Composers, Norvegia. Insegna Organo alla Scuola di Musica “T. Mabellini” di Pistoia. Dopo la docenza di Organo e composizione organistica nei conservatori di Avellino, Cosenza, Udine e Sassari e Armonia contrappunto fuga e composizione al Conservatorio di Alessandria, dal 2017 è titolare di Composizione al Conservatorio di Firenze. Suona in Francia, Svizzera, Austria, Slovenia, Malta, Belgio, Regno Unito, Germania, Polonia, Ucraina e Giordania. Pubblica cd, saggi, monografie, edizioni critiche e proprie composizioni. È ispettore onorario ministeriale per gli organi storici nelle province di Pisa e Livorno. Dal 2004 cura la rubrica Recensioni musiche per il mensile «Suonare news».

Andrea Vannucchi, nato a Pistoia nel 1965, si è diplomato in Pianoforte, Organo e Clavicembalo nei Conservatori di Firenze e Ferrara e si è perfezionato con L.F. Tagliavini, A. Fedi e S. Innocenti. In seguito, fra il 1993 e il 1996, ha proseguito gli studi con J. v. Oortmerssen allo Sweelinck Conservatorium di Amsterdam, dove ha ottenuto il Diploma di Solista d’Organo (Uitvoerend Musicus). 3° Premio al II Concorso Nazionale “Città di Milano” (1990) e 3° Premio al Concorso d’Organo di Innsbruck (2007), ha svolto attività didattica e concertistica in Svizzera, Olanda, Belgio, Lussemburgo, Svezia, Austria e Giappone. È stato organista titolare della chiesa di Sant’Ignazio di Loyola in Pistoia dal 1992 al 2018, al celebre organo Willem Hermans del 1664, sul quale ha effettuato una registrazione discografica per La Bottega Discantica (BDI 51/1999). Per Elegia Classics ha registrato le opere per organo del compositore pistoiese Giuseppe Gherardeschi (Eleorg050) e un cd dedicato alle due famiglie di organari pistoiesi Agati e Tronci, con musiche di autori toscani dal XVI al XIX secolo (Eleorg053). È organista della cattedrale di Fiesole (Firenze) e titolare della cattedra di Teoria, ritmica e percezione musicale presso il Conservatorio di Perugia.

Prosegue la rassegna STORIE ALESSANDRINE con Gianni Marchesotti

Continuano gli appuntamenti della rassegna letteraria Storie alessandrine: un libro, tante vite promossa da: Amici del Museo Etnografico Gambarina, Alessandria in Pista, Circolo culturale Marchesi del Monferrato, Circolo provinciale della Stampa, Movimento Cristiano Lavoratori di Alessandria, Società Alessandrina di Italianistica e Spazioidea.

  Mercoledì 9 novembre, alle ore 17:45, nella sala del Museo “C’era una volta”, in piazza della Gambarina n.1, avrà luogo la presentazione del volume “Della stessa sostanza dei sogni”, di Gianni Marchesotti. Dialogheranno con l’autore la scrittrice Maria Angela Damilano e Gian Luigi Ferraris, presidente della Società Alessandrina di Italianistica. L’incontro sarà moderato da Albino Neri e Mauro Remotti.          

     

Casale Monferrato: Mostra “Il Pipistrello nell’Arte” ed evento Botteghe Storiche

Mostra “Il Pipistrello nell’Arte” ed evento Botteghe Storiche

Lunedì 24 ottobre, presso la sede del Parco del Po di Casale, è stata inaugurata la mostra “Il Pipistrello nell’Arte”, a cura della Prof.ssa Cecilia Prete.

In esposizione, circa 100 opere realizzate dalle allieve del corso di pittura dedicato agli adulti, del CPIA “Maestro A. Manzi”, aventi per soggetto il solo mammifero volatile, tanto caro agli artisti di tutti i tempi, specie quelli cinesi e giapponesi. 

La mostra rimarrà aperta sino all’11 novembre in orario 9-18 da lunedì a venerdì con apertura straordinaria domenica 30 ottobre per l’evento “C’era una volta… un PO di dolcetti, un PO di scherzetti” organizzato da Botteghe Storiche e Confesercenti e patrocinato dal Comune di Casale Monferrato. 

In questa giornata di festa, su tutto il Lungo Po, ci saranno: il mercatino agricolo, artigiano, artistico ed enogastronomico; un’area ristoro attrezzata; un concerto di arpa celtica (dalle 15.30) con la musicista Patrizia Borromeo; uno spettacolo teatrale (dalle 17) con il Collettivo teatrale e i laboratori a tema halloween, per i bambini. Inoltre, si potranno fare giri in calesse con lo staff del Melo Ranch e le gite sui barcè con gli Amici del Po. In caso di maltempo, la manifestazione sarà ospitata sotto i portici del Mercato Pavia.

L’atteso risveglio dell’umanità nel libro di poesie «Luce dell’anima» di Andrea Chiappinelli 

Alessandria, pubblicato da Pier Carlo Lava – Social Media Manager

L’atteso risveglio dell’umanità nel libro di poesie «Luce dell’anima» di Andrea Chiappinelli 

Con la prefazione dell’intellettuale libanese Hafez Haidar

In libreria, con la raccolta di poesie «Luce dell’anima», Andrea Chiappinelli pone l’accento sull’importanza di mantenere un dialogo costante con sé stessi per vivere una vita luminosa, che ci preservi dal caos e dall’insensatezza autolesionistica così forte ai nostri giorni.

Classe 1967, torinese, Andrea ha lavorato per quindici anni come conducente d’auto pubblica. Quel lavoro, in mezzo agli altri, gli ha permesso di affinare il proprio sguardo sui tanti microcosmi di umanità incontrati. Come ha ammesso egli stesso nelle brevi note riportate nel retrocopertina, che centrano il messaggio portante del libro: «Quegli anni mi hanno avvicinato a migliaia di esseri umani, ognuno con la propria “disabilità”, emotiva o reale. È nato un desiderio di avere più risposte dalla vita a queste sofferenze». 

È scaturito così un percorso che, da ricerca personale, grazie alla scrittura può divenire d’ausilio anche per gli altri. Riflessioni, consapevolezze, esperienze vissute, in questo meraviglioso viaggio di riscoperta interiore affrontato con la spinta dell’amore, sono affidate ad un linguaggio in versi, cristallino e accessibile ad ognuno, e custodite in questo pregiato volume, impreziosito dalla prefazione del candidato al Premio Nobel della Pace e al Premio Nobel della Letteratura, Hafez Haidar. Tra i più importanti traduttori di Gibran in lingua italiana e di Oriana Fallaci in lingua araba, l’intellettuale libanese ha stilato un’introduzione approfondita, particolareggiata e molto calorosa sul lavoro proposto da Chiappinelli, di cui ha apprezzato ampiamente lo stile e le tematiche presentate nel volume, tanto da accostare la sua scrittura a quella del grande Gibran. Scrive Haidar: «Lo stile del poeta è romantico, semplice e al contempo incisivo, intriso di saggezza e d’umanità, di riferimenti filosofi e religiosi, efficace al punto di farci trascinare, coinvolgere e appassionare».

È inoltre un libro propositivo, carico di speranza per l’umanità e, per questo, ancora più necessario nel nostro frangente storico, in cui il genere umano tenta un riequilibro, dopo lo sconcerto causato dalla pandemia. La chiave di volta del destino dell’umanità ce la fornisce lo stesso autore, con parole che, spiegando la finalità dell’opera, auspicano ad un cambiamento. 

«Esiste nella ricerca di sé stessi e del Sé superiore, il ritrovamento di un tesoro immenso, che va oltre ogni dogmatismo religioso ed è l’Amore nella concezione del suo più Alto valore, un’energia che compenetra l’intero Universo – persuade Andrea -. Siamo tutti canali del Divino, che attende pazientemente l’apertura della nostra porta del Cuore». 

Chiappinelli si fa portavoce di un sogno collettivo, quello del «Risveglio di un’Umanità unita e consapevole per un bene Comune, per la salvaguardia ambientale del Nostro Pianeta Terra e la creazione di valori di Libertà e Pace… ritornando in contatto con quel luogo da cui proveniamo e in cui ritorneremo alla conclusione di questa recita terrena». 

“Favole e Racconti per tutti”, di Gianna Binda. Aletti Editore

“Favole e Racconti per tutti”. 

La bellezza della scrittura contro le “trappole” della vita

E’ stata definita la “scrittrice della speranza”, perché è riuscita ad interiorizzare il dolore causato da una separazione dolorosa e a trasformarlo in bellezza e rinascita, mettendo nero su bianco i suoi sentimenti. «Dall’esperienza vissuta, ho compreso che esistono personaggi “predatori”, desiderosi di denaro altrui. Da qui la mia elevazione verso un mondo più pulito e sano, e il desiderio di inviare messaggi d’amore. Quell’amore in cui ho creduto e in cui credo ancora, nonostante tutto». Lei è Gianna Binda, farmacista e biologa nata a Veleso (provincia di Como), “figlia del mondo” che ora vive e lavora in Svizzera, autrice dell’opera “Favole e Racconti per tutti”. Il libro arricchisce la collana “Gli Emersi della Narrativa” della casa editrice Aletti. «Sono abituata – racconta l’autrice – a sperimentare e ritengo che siamo in questa “dimensione” per sperimentare, attraverso le nostre esperienze mirate a comprendere che siamo fatti di materia, ma anche di “spirito” che dovrebbe essere il nostro “spirito guida” in questo cammino terreno».E, troppo, spesso, nella frenesia dedita al materialismo peggiore, non si riconoscono gli angeli posti sul nostro cammino, come l’autrice evidenzia in Nessuno si è accorto che sono un angelo.

L’opera raccoglie favole e racconti che vogliono dare, agli adulti ma anche ai più piccoli, messaggi di speranza. Dinanzi alle brutture della realtà, alle difficoltà che spesso la attanagliano, a volte basta indossare degli occhiali colorati e il mondo cambia colore. Magari diventa rosa. La scrittura oscilla, dunque, tra realtà e immaginazione. «Scrivo di getto – racconta l’autrice – come sotto un fluido ispiratore di luce universale a cui mi sento collegata. Scrivo di esperienze di vita vissuta, come nel racconto Adina – Gara di solidarietà, in cui sono rimasta felicemente colpita da questa meravigliosa azione umana, oppure episodi frutto della mia fantasia per cercare di far star bene gli altri, per quanto ciò mi sia possibile». Ad arricchire i racconti e le opere dell’autrice sono anche delle illustrazioni. Immagini che risaltano l’armonia delle parole e le rendono ancora più significative e prorompenti. Un impeto di bellezza ad indicare che il rispetto dovrebbe stare alla base dei rapporti, anche nelle separazioni e nei dolori più lancinanti. Gianna Binda, infatti, non è solo una scrittrice, ma si cimenta con l’incisione, la pittura su ceramica, la pittura a olio e la scultura. «Vorrei regalare al lettore qualcosa di particolare e unico, come espressione della mia anima, e ritengo che la forma pittorica possa veicolare messaggi e sensazioni in maniera immediata».

L’arte diventa, così, una forma di riscatto, catartica per liberarsi dalle sofferenze. «Per me – afferma – la scrittura è un modo per dialogare con il lettore e comunicargli una visione più spirituale di quella materialista, in cui siamo immersi da un po’ di tempo a questa parte, e stimolarlo a riflettere sugli eventi. L’arte potrà essere un valido aiuto verso la scoperta del sé interiore e delle bellezze del mondo, a lungo soffocate da situazioni create solo per interessi personali, contro il bene collettivo di più ampia portata». Nelle sue opere, spesso, l’autrice ricorre a dei paragoni. “Come il torrente Pioverna di Bellano trova sempre la strada giusta per gettarsi nelle acque del lago di Como, incanalando tutto il suo impeto in un piccolissimo tratto, così la forza della verità avrebbe trovato lo sbocco naturale verso l’affermazione del bene comune”, o a delle analessi, per rafforzare concetti e chiarirli al lettore, cosicché si possa avviare un “dialogo” finalizzato ad un’attenta analisi e meditazione. E, con un paragone, arriva anche il messaggio finale che l’autrice vuole comunicare ai suoi lettori“Ginbad e i suoi cuccioli: la madre leonessa, attenta e amorevole verso i suoi cuccioli, insegna loro a non cadere in insidie velenose”. Un messaggio d’amore e di luce, sulla gioia di vivere, nonostante tutto, e di gioire delle piccole cose. Ma, soprattutto, di riflettere sulla realtà dei fatti «così da non cadere in “trappole” che possono essere velenose».

Federica Grisolia

(Vincenzo La Camera – Agenzia di Comunicazione)

L’Accademia delle Arti e delle Scienze Filosofiche premia Alessia Pignatelli sul giornalismo

Alessandria, pubblicato da Pier Carlo Lava – Social Media Manage

L’Accademia delle Arti e delle Scienze Filosofiche premia Alessia Pignatelli sul giornalismo

Sempre più conferimenti per Alessia Pignatelli divulgatrice di attualità, arte e cultura che, a seguito di un suo articolo giornalistico riguardante Alba Fucens, le è stato conferito il Premio Accademico Internazionale di Letteratura Contemporanea “Lucius Annaeus Seneca” dal Presidente di Commissione (Rettore-Preside dei Collegi dello Stato, già Cultore della Materia presso la Cattedra di Glottologia e Linguistica della Facoltà di Lettere e Filosofia, Università degli Studi di Bari) con l’annessa motivazione del Presidente del Premio: “Descrizione circostanziata e chiara del patrimonio storico e valoriale in zona aquilana.

Un buon testo, chiaro e argomentato, dalla corretta forma espositiva, che rispecchia le caratteristiche di base di un articolo giornalistico. – Affrontando e scegliendo un giornalismo che richiede attenzione, l’autrice ha dimostrato una buona capacità divulgativa, per la minuziosa ricerca di notizie e informazioni trattate con precisione e conoscenza; una visione preziosa ed esaustiva sull’argomento. – Un contributo importante per la capacità di ricondurre le notizie all’essenza dei fatti . – Lo stile è degno di nota”.

Il Premio Seneca, sotto l’alto patrocinio del Parlamento Europeo, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero della Cultura, del Senato della Repubblica, della Camera dei Deputati, dell’Università degli Studi “Aldo Moro” di Bari, dell’Università degli Studi di Foggia, della Federazione Italiana Università Terza Età, dell’Università della Terza Età G. Modugno di Bari, della Presidenza della Giunta Regionale della Puglia, dell’Assessorato alle Culture, Turismo, Partecipazione e Attuazione del programma del Comune di Bari e dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Sannicandro di Bari, è composto da intellettuali, docenti di numerose università e studiosi di varia estrazione che condividono il valore etico ed estetico dell’Arte, della letteratura contemporanea e delle scienze, favorendo l’integrazione dei linguaggi espressivi della vita.

L’accademia ha quindi ritenuto opportuno inserire il testo giornalistico di Alessia Pignatelli nell’ambita antologia premiandola con un elegante trofeo e l’attestato di merito. 

Museo Gambarina. Presentazione dele libro: Della stessa sostanza dei sogni di Gianni Marchesotti

Alessandria, pubblicato da Pier Carlo Lava – Social Media Manager

Continuano gli appuntamenti della rassegna letteraria Storie alessandrine: un libro, tante vite promossa da: Amici del Museo Etnografico Gambarina, Alessandria in Pista, Circolo culturale Marchesi del Monferrato, Circolo provinciale della Stampa, Movimento Cristiano Lavoratori di Alessandria, Società Alessandrina di Italianistica e Spazioidea. 

Mercoledì 9 novembre, alle ore 17:45, nella sala del Museo “C’era una volta”, in piazza della Gambarina n.1, avrà luogo la presentazione del volume Della stessa sostanza dei sogni di Gianni Marchesotti. Dialogheranno con l’autore la scrittrice Maria Angela Damilano e Gian Luigi Ferraris,presidente della Società Alessandrina di Italianistica.L’incontro sarà moderato da Albino Neri e Mauro Remotti.

GABRIELE FIORIO, nato per la musica

A dispetto della giovane età, Gabriele Fiorio vanta già un suo repertorio che varia dalla musica classica arrangiata per percussioni a quella contemporanea. Svolge un’intensa attività concertistica, sia nell’ambito solistico, sia orchestrale, con risultati che lasciano presagire il promettente futuro di un artista. Parallelamente a quello delle percussioni, intraprende lo studio del pianoforte, uno strumento che lo affascina fin dalla più tenera età. Da quando la nonna paterna gli insegna a mettere le mani sui tasti bianchi e neri.

Entrambi i genitori flautisti, gli zii pianisti, i fratelli suonano uno la tromba e l’altra l’oboe. Una famiglia di talenti, quella di Gabriele, che lo sostiene e lo consiglia nella costruzione di un solido percorso professionale. Si ispira al virtuosismo tecnico espressivo di Martha Argerich, Vladimir Horowitz, Arturo Benedetti Michelangeli. Anela ad esprimere la propria personalità musicale sull’esempio di compositori come Leonard Bernstein, Thelonius Monk, Michel Petrucciani, Ennio Morricone, Hans Zimmer.

La musica è la certa speranza che gli illumina gli occhi e il futuro, uno dei motivi per essere felici e gioirne. Non si tratta semplicemente di riprodurre delle note su un pentagramma, quanto piuttosto di trovare la chiave giusta per divertirsi. Un canale privilegiato per concentrarsi e dare libero sfogo alle proprie emozioni.

Sostiene e supera brillantemente l’esame di ammissione presso il liceo artistico e musicale statale “Antonio Canova” di Forlì (FC). Istituto dove attualmente frequenta il quarto anno sotto la guida del Maestri Andrea Rattini e Alba Tasselli. Nel 2020 partecipa a uno dei concorsi online internazionali più importanti, il Music@e-Contest, aggiudicandosi il primo premio. Con il supporto dei suoi professori, nell’anno a seguire decide di iscriversi ad altre competizioni musicali ottenendo prestigiosi riconoscimenti. Consegue il primo premio all’Iscart International Competitions di Lugano e un secondo piazzamento all’International Music Competition Opus 2021 di Cracovia. Ottiene anche il primo premio e la menzione della Giuria Giovane Talento con il massimo dei voti al CIMP, Concorso Internazionale Musicale Città di Pesaro. Grazie a quest’ultima vittoria, Gabriele Fiorio realizza il suo primo recital dedicato interamente alla marimba, strumento con il quale si distingue anche all’estero.

Contemporaneamente all’attività orchestrale, svolge un percorso solistico che lo vede impegnato con ensemble che vanno dal duo alle formazioni più numerose. Viene diretto dalla bacchetta del Premio Oscar Nicola Piovani, da Simone Genuini, Marco Sabiu, Michele Mangani, Stefano Nanni. Si confronta con palchi di assoluto pregio come la Sala Santa Cecilia presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma. E ancora la Sala dei Teatini di Piacenza, il Teatro Masini di Faenza, il Teatro Diego Fabbri di Forlì. Per finire con il Teatro Alighieri di Ravenna, il Teatro dell’Osservanza e il Teatro comunale Ebe Stignani di Imola.

Tra pianoforte e percussioni, dedica quotidianamente due o tre ore alla pratica strumentale. Arrangia e compone per altri giovani musicisti, fino a composizioni più ampie per orchestra. Lavora con passione a molti inediti per artisti che proveranno ad accedere al Festival di Sanremo, e magari andrà anche lui. In gara con una sua composizione per un testo di un’altra stella nascente di nostra conoscenza, Matilde Montanari. I due hanno già trionfato al Gran Galà dei Festival che si è svolto al Teatro Ariston nell’ambito della 35ª edizione di Sanremo Rock & Trend.

I traguardi artistici a cui tende sono ambiziosi. Tra questi, riuscire ad ottenere un posto in orchestre prestigiose come quella del Teatro alla Scala di Milano o l’Orchestra Rai di Torino. O ancora entrare alla Karajan Academy di Berlino e – perché no!? – dirigere lui stesso un’orchestra sinfonica. Una cosa è certa: da qui a dieci anni, ci aspettiamo di ritrovare Gabriele Fiorio a condividere il suo grande talento con il mondo.

Segui Gabriele Fiorio su:

FB: https://www.facebook.com/profile.php?id=100071887267838

IG: https://www.instagram.com/gabriele_fiorio/

YT: https://www.youtube.com/channel/UC_oHeJJ_uEBm1w-rW2hMCUw

ELISA GELOSI, decisamente esplosiva

Ha dovuto lottare per farsi rispettare, sgomitando. Ma oggi può dire di aver vinto. Dalle tavole del palcoscenico alle passerelle di moda, Elisa Gelosi è una miscela esplosiva: una carica di entusiasmo e sex appeal, che profuma di donna. Con quell’innata capacità di cambiare personaggio quando, dove e come vuole, rimanendo sé stessa.

Versatile, eclettica, imprevedibile. L’attrice originaria di Potenza Picena (MC) comunica la sua immagine non stereotipata, quasi imperfetta, leggermente dissonante in diverse angolature. Una figura intrigante e sfaccettata, magneticamente sedotta dal potere erotico dell’arte.

«L’arte è innanzitutto emozione,» sottolinea Elisa Gelosi «qualcosa che ti lascia andare oltre. L’arte è ovunque, bisogna solo essere in grado di osservarla, provare a comprenderla, riuscire ad esprimerla e personalizzarla.»

La musa di Paola Blondi, che la vuole come modella nei suoi scatti per Vogue Magazine, passa con disinvoltura da un’espressione artistica all’altra. Fortemente autocritica, perfezionista nel lavoro, deliziosamente autoironica. È libera di sperimentare l’efficacia di nuovi linguaggi e strumenti di comunicazione.

Da Officina Fotografica e Topdriver, entrambe creature di Daniele Simoni, gemma una collaborazione professionale “violentemente carnale”, appassionata, vitale. Una dose quotidiana di benessere, che è pura energia creativa. Così la serie di successo, dedicata inizialmente alla regione delle Marche, diventa Topdriver 2.0, un affresco sulle città e i borghi più belli d’Italia.

Storia, cultura, tradizioni enogastronomiche e l’incanto dei paesaggi declinati in video straordinariamente diversi tra loro, ma realizzati con lo stesso comune entusiasmo. La soddisfazione di un prodotto artistico di intrattenimento del tutto originale che approda su YouTube (https://www.youtube.com/user/sangiorgese): ricco di contenuti, leggero, mai banale.

E ancora un pensiero, un ricordo passato, un’emozione che torna e scivola via, condensati in pillole audio-visive. Corti che incrociano stati d’animo e rivelano curiosità, piccoli aneddoti, credenze popolari. Il racconto poetico di una vita semplice ma ricca di colpi di scena, di comicità quasi surreale e di sudore. Tanto. Così come il divertimento.

Inesauribile fucina di idee, la premiata ditta Elisa Gelosi e Daniele Simoni dà inoltre alla luce la neonata Officina Show, figlia primogenita di Officina Fotografica. Un’associazione culturale dove continuare a sperimentare nuovi progetti come “Behind the scenes”, una serie incentrata sulla nascita e l’evoluzione di uno spettacolo. Il tema principale, la scaletta, il copione, le prove, la preparazione, il dietro le quinte. E ancora le sensazioni, gli umori, l’attesa, gli imprevisti. Insomma, tutto il bello dello show minuto per minuto. Prima, durante e dopo.

Il loro desiderio è quello di far viaggiare lo spettatore con la mente, trasmettendo al pubblico l’emozione vibrante che trasuda dal palco. L’obiettivo è nobile: promuovere la cultura del teatro, avvicinando a questo luogo del cuore chi ancora non lo conosce o non c’è mai stato.

Tra la passione per l’arte e l’intrattenimento e la dura gavetta, alla squadra si aggiunge un terzo componente, Carlo Junior Berrettoni, ottimo assistente tecnico. Non ci resta che seguire Elisa Gelosi e i suoi due compagni di viaggio per restare aggiornati su tutte le novità e i prossimi eventi.

Segui Elisa Gelosi su:

https://www.facebook.com/elisagelosiattrice/

https://www.facebook.com/elisa.gelosi/

https://www.facebook.com/simoni77

http://www.danielesimoni.it/

MARIO VENUTI, esteta pop orgogliosamente provinciale

Intervista a cura di Gino Morabito

Catania, quella dimensione della provincia che lo rende anche meno omologato, meno standardizzato. Probabilmente sarebbe stato uno dei tanti architetti di interni, fortuna che la musica è arrivata in tempo per salvarlo.

Agli esordi della carriera, Mario Venuti aveva circa quindici anni e frequentava l’istituto d’arte. L’anno del suo diploma i Denovo erano già avviati e suonavano gli Ottanta. A guardarsi indietro sembra un’altra vita. In gruppo poi da solista, di acqua e note ne sono passate sotto i ponti.

Lunedì 10 ottobre al Teatro Ambasciatori per l’ultima tappa di Tropitalia. Dopo oltre venti date in giro per l’Italia, l’artista siciliano concluderà un’intensa estate di live, tornando finalmente a incontrare il suo pubblico. Sul palco, la band composta da Tony Canto, produttore artistico dell’album nonché special guest fisso in questo tour, Vincenzo Virgillito al contrabbasso, Franco Barresi alle percussioni e Manola Micalizzi alle percussioni e cori. Organizzazione e management di Puntoeacapo Concerti.

Un concerto che ripercorre trent’anni di carriera. La carriera di un raffinato artista pop. Fuori dal tempo, come uno degli ultimi interpreti di un’epoca destinata al tramonto, che rimane fedele a una certa estetica della musica.

«Un’estetica pop. Quell’eterna ricerca della canzone perfetta, nel tentativo di racchiudere tutto un mondo in tre minuti. Un’estetica che perseguo continuando una certa tradizione autorale, avendo assimilato importanti lezioni da tanti grandi della musica italiana e internazionale, che hanno contribuito a forgiare il mio stile. Aperto alle contaminazioni, alle novità musicali. Alle sfide.»

Come nell’ultimo disco Tropitalia, dove ha trovato il coraggio di misurarsi con un repertorio così popolare, che è rimasto indelebile nell’immaginario collettivo.

«Proponendolo però in un modo diverso dal solito. Un album che nasce assecondando la mia passione per la musica brasiliana, che è ultraventennale, con la complicità di Tony Canto, anch’egli un grande appassionato del Brasile.»

Dal grande affresco realizzato con quelle sfumature che richiamano le atmosfere dei tropici alle periferie di un’umanità, vitale e dolente, che popola il ventre della sua città.

«Catania è una città problematica e l’umanità che la popola è piuttosto anarchica, indisciplinata, refrattaria ai cambiamenti. Tutto sommato, comunque, resta una città abbastanza dinamica, a dispetto dei siciliani che nella storia si sono contraddistinti per essere dei fantastici passatisti. Forse per pigrizia, facciamo fatica ad accettare i cambiamenti. E questo ci penalizza.»

Sul palco, la celebrazione di una festa.

«Una serata conclusiva durante la quale verrà ripreso il concerto, per poi diffondere il materiale audio-video come contenuto web. Vorrei che rimanesse una traccia, un documento filmato che immortali soprattutto le mie canzoni riarrangiate appositamente per questo tour. Brani che sono stati ulteriormente “tropicalizzati” in una maniera che reputo davvero interessante.»

Qualche giorno per tirare un po’ il fiato e poi da novembre in studio di registrazione.

«Nel prossimo capitolo musicale ci sarà una sorta di evoluzione, a partire dal discorso lasciato interrotto anni fa, agli inizi della mia carriera. Sarà un progetto di “tropicalismo” all’italiana ma con degli elementi più moderni, avanguardisti, sulla scia del lavoro fatto da Arto Lindsay a New York producendo i dischi dei brasiliani. Con quel tipo di sound che è antico e moderno allo stesso tempo.»

Tra gli incontri significativi, nel percorso umano e artistico di Mario Venuti, sicuramente quello con Francesco Virlinzi, con Carmen Consoli, Kaballà e Francesco Bianconi dei Baustelle, del quale ci saranno contributi anche nel nuovo disco.

«Voglio che la mia musica nasca dall’incontro. Con altri luoghi, con altre sonorità, altri autori, produttori, musicisti. La musica che si guarda l’ombelico dopo un po’ diventa sterile. Io invece ho ancora bisogno di nuovi stimoli, di qualcosa che mi scompigli un po’ le carte. Per evitare di restare intrappolato nello schema del mero esercizio di stile, che può diventare vuoto.»

Per quanto un cantautore cerchi di raccontare delle storie, alla fine viene sempre fuori la verità. E, nel racconto di quelle favole, c’è dentro la propria identità: quello che si è, ciò in cui si crede.

«È difficile il rapporto con la propria identità. Sulla scorta degli insegnamenti di alcuni grandi della poesia e della letteratura come Fernando Pessoa e Luigi Pirandello, che hanno approfondito il gioco delle maschere, noi, per fortuna, ci costruiamo tante altre identità che diventano importantissime perché rinnovano in qualche modo il quotidiano, rendendo più interessate la vita.»

Una vita vissuta con determinazione.

«Sono prossimo ai sessanta, li compirò l’anno prossimo, ed è un’età in cui è facile farsi prendere dall’apatia; in cui talvolta mancano gli stimoli, si assopiscono i desideri, tutto sembra un po’ sbiadirsi. Ecco che allora entra in ballo la determinazione. Quella determinazione che ti spinge a cercare nuovi stimoli, che ti rende capace di adattarti ai cambiamenti, sapendo apprezzare quello che la vita ti offre, senza indulgere troppo nel ricordo di quella giovinezza che fu. Bisogna essere determinati per andare avanti. È fondamentale uno scatto di volontà per continuare la mia evoluzione.»

TUTTO QUELLO CHE VOGLIO, il rock sound di ALESSIA RAISI ci fa perdere la testa

Italiano, cinese, inglese e spagnolo. Quattro lingue per l’alternative rock di Alessia Raisi. La cantautrice bolognese che ha fatto appassionare l’Oriente all’Italia, interpretando in cinese i più famosi brani della nostra tradizione, canta Tutto quello che voglio. Un brano che è un richiamo a sognare, a continuare a pensare che si può raggiungere tutto ciò che si desidera. Un chiaro invito a non avere limiti nei nostri pensieri e… ci fa “perdere la testa”.

«Quando ho iniziato a scrivere la canzone,» dichiara l’artista «ho avuto la sensazione che sarebbe stata magica. Mi sono collegata con i miei desideri più puri, lasciando da parte le paure e le barriere che a volte ci imponiamo.»

Tutto quello che voglio è una traccia intensa, coinvolgente e travolgente, con innesti più melodici che danno fluidità all’intero percorso sonoro. L’ottima interazione con la voce, tagliente ma anche morbida, ne esalta il sound generale. Il risultato è un mix perfettamente amalgamato da una sezione ritmica incalzante, con l’intento ben riuscito di rendere il pezzo dinamico. Con questa uscita Alessia Raisi sprigiona ancora una volta la versatilità del suo talento, non solo come cantante ma come compositrice e produttore artistico musicale. Le versioni inglese e cinese di Tutto quello che voglio sono state selezionate come canzoni ufficiali in Cina di Toyota Camry.

Il singolo (disponibile al seguente link: https://www.youtube.com/watch?v=OZYkQTyl3CA) fa da traino all’album Rock!. Registrato negli studi “Bamboo Panda” di Pechino, è stato mixato e masterizzato da Luca Bignardi che, con Alessia Raisi, ne ha curato la produzione musicale. Nel disco hanno suonato: Ivano Zanotti alla batteria; Cesare Chiodo al basso; Michele Vanni e Massimo Varini alle chitarre elettriche. Special feat. di Koko che si è esibita nel ruggito della gatta. L’illustrazione di copertina è stata realizzata a Barcellona da Toni López (Retoka).

Testi e musica di Alessia Raisi.

https://linktr.ee/alessiaraisi

Biografia

Xi Ya è il suo nome d’arte cinese ma nasce a Molinella, un piccolo comune del bolognese. Fa la gavetta, si costruisce una solida reputazione sul palco. Collabora in studio con Lucio Dalla, Gianni Morandi, Adriano Celentano, Paolo Conte, Vasco Rossi. La storia di Alessia Raisi attraversa il continente europeo e asiatico con un elemento fisso: il canto. Prima come hobby e poi come mestiere, tanto da meritarsi il titolo di “Ambasciatrice della canzone italiana in Cina”.

È il 2010 quando l’azienda di logistica per la quale lavora comprende le opportunità che possono offrire i mercati esteri. Il suo direttore commerciale le chiede di spostarsi negli Stati Uniti e lei accetta senza battere ciglio. Poi però le comunicano che la destinazione è un’altra: Shangai. L’economia cinese è in piena ascesa e molti italiani se ne sono accorti. Alessia parte alla volta della Cina, tra entusiasmo e qualche timore. Lì si innamora di questo bellissimo Paese e inizia a impararne la lingua. In seguito, scrive e compone Wo ai ni (爱你), Wo yao (我要), One more. I brani sono contenuti nel suo primo album in lingua cinese 娅的旅程 (Il viaggio di Xi Ya). Il disco ha partecipato ai Golden Melody Awards di Taipei (Taiwan), meglio conosciuti come i “Grammy Awards cinesi”.

Le canzoni di Alessia Raisi sono la fusione di due grandi culture e due grandi passioni: quella italiana e quella cinese. Nel 2012 la vediamo vincitrice del 5° Festival di Shanremo (edizione cinese del più celebre festival italiano) organizzato dal Consolato Generale d’Italia di Shanghai. Quella serata leggera, che per Alessia sembra poco più che una passeggiata, dà il via alla sua carriera da cantante. Con la vittoria, arrivano le prime proposte di esibizione per degli eventi. Da quel momento in poi la strada sarà tutta in ascesa. Grazie ai suoi concerti (dove canta anche in lingua cinese), conquista sempre più popolarità e nel 2015 lascia definitivamente il lavoro nella multinazionale di logistica. Lo stesso anno chiude le cerimonie dei tre padiglioni cinesi dell’Expo di Milano. La sua versione cinese di Nel blu dipinto di blu (Volare) (飞向蓝天) fa subito breccia nel cuore del Dragone asiatico. Diventa un successo senza precedenti. Inoltre, è l’unica straniera in Cina ad aver cantato l’inno nazionale cinese in lingua originale difronte al Governo di Shanghai. Accade durante le celebrazioni della Festa della Repubblica Italiana del 3 giugno 2018. In quell’occasione riceve il titolo ufficiale di “Ambasciatrice della musica italiana in Cina”.

L’1 novembre 2019 esce I’m on fire, scritta da Alessia per Ducati Cina e che è diventata la canzone ufficiale nel territorio del Dragone. Il 10 dicembre viene invitata al Gala della Fondazione Cina-Italia, all’interno del meraviglioso Museo della Scienza e della Tecnica “Leonardo Da Vinci” di Milano. Canta l’inedito Italia e la richiestissima versione cinese di Nel blu dipinto di blu (Volare). Il 30 agosto 2020, dalle frequenze argentine di Radio Gualeguay, parte ufficialmente “Ahi vamos! Rockeando en la cocina con Alessia Raisi”. Il programma va in onda su due emittenti radiofoniche in Argentina (Mar del Plata e Buenos Aires). Nell’ottobre 2021 è la volta del Chengdu International Sister Cities Youth Music Festival. Lì si esibisce con il suo adattamento cinese di Seen (Io sì) (你在我心里), canzone resa famosa dalla Pausini. Dappoi prosegue con Albachiara e Sally di Vasco Rossi, Piccola stella senza cielo di Luciano Ligabue, Zitti e buoni dei Måneskin.

Il 4 marzo 2022 vede la luce il nuovo lavoro discografico di Frédéric François, che contiene uno splendido duetto con Alessia Raisi. I due artisti hanno scelto Nel blu dipinto di blu (Volare) di Domenico Modugno per fare incontrare le loro voci. Un ambizioso progetto che unisce mondi e tempi apparentemente distanti ma legati in modo indissolubile dalla qualità dell’arte dei due performer. A distanza di qualche giorno, più precisamente il 18 marzo, pubblica il suo primo album in lingua francese. Il disco, intitolato Ma vie, contiene anche due cover: La vie en rose di Edith Piaf e Retourner là-bas del rocker Jean-Baptiste Guegan. Nel settembre 2022 esce Rock!, il suo nuovo lavoro che contiene la hit Tutto quello che voglio in quattro lingue (italiano, cinese, inglese e spagnolo). Un brano che è un richiamo a sognare, a continuare a pensare che si può raggiungere tutto ciò che si desidera. Un chiaro invito a non avere limiti nei nostri pensieri e… ci fa “perdere la testa”.

Per saperne di più su Alessia Raisi e ascoltare la sua musica, basta accedere ai social network e alla biografia completa dell’artista. È facile attraverso il linktree https://linktr.ee/alessiaraisi e le piattaforme digitali ad esso collegate.

L’IMPREVEDIBILE, di Silvia De Angelis

L’imprevedibilità della vita, è il verificarsi di situazioni “speciali”, a cui, molto spesso non eravamo preparati e quindi, nel viverle, abbiamo avuto un forte disagio interiore o solo della di meraviglia.

Ognuno di noi affronta gli imprevisti in modo totalmente diverso; naturalmente i fattori che influiscono ai vari tipi di atteggiamento sono svariati (tipo di personalità, esperienze precedenti, cultura, educazione e via dicendo), in ogni caso si mettono in gioco fattori molteplici, come la positività e la negatività individuale, che daranno corso a un iter mentale davvero esclusivo.

Credo che la persone sempre ben disposte a trovare dei lati buoni, o eventualmente risolvibili, in ogni situazione, vivano meglio, e risolvano favorevolmente i problemi, per quella carica e forza interiori che dànno la possibilità di proseguire il percorso su un tracciato mentale più lineare, anche se qualche folata d’ansia farà capolino, di tanto in tanto, in quel momento difficile.

Le persone che, contrariamente, “sono catastrofiche” e avvertono un malessere, in qualsiasi evento, in cui la vita li sceglierà, come protagonisti, secondo me,  “si faranno del male da soli”. Infatti sono abilissimi a cercare il lato peggiore d’ogni fatto, definendo, con il loro cuore, il lato più tragico che l’esistenza abbia messo in serbo per loro.

Credo, o forse sbaglio, che oltre a far vivere in equilibrio, il pensiero positivo faccia  avvicinare di più alla realtà episodi buoni, mentre, al contrario un pensiero malevolo faccia piroettare, verso di noi, come un boomerang di ritorno di cose spiacevoli….

Del resto, c’è di mezzo anche il fato, che credo, in parte, abbia in serbo per noi un certo tracciato, dal quale, a parte i nostri sforzi più profondi, per la buona sorte, non possiamo allontanarci di molto….e quindi accettarlo in ogni caso!

@Silvia De Angelis

https://silviadeangelis4.blogspot.com/

CURE, di Silvia De Angelis

Talvolta anche i medici sbagliano. Forse per inesperienza, poca preparazione, o un giorno storto, compiono

dei grossi errori verso il loro paziente, che purtroppo, ne subisce le amare conseguenze.

Qualche volta il problema causato dal docente, è risolvibile, altre volte il danno è grave, e allora la persona è costretta a rivolgersi all’autorità giudiziaria, per un meritato risarcimento.

Queste situazioni sono davvero spiacevoli, ma purtroppo accadono, e non tanto di rado, come si potrebbe pensare.

L’assegnazione di un farmaco errato, che può avere conseguenze pesanti e di lenta guarigione, un intervento non riuscito, che causerà infermità irreversibili, una manovra sbagliata con un articolo sanitario… queste e molte altre sono le motivazioni capaci di creare insanabili problemi fra dottore e paziente.

Un sanitario, in genere, non dovrebbe mai essere distratto, o prendere con superficialità il compito che gli è stato assegnato. Ma talvolta non è così e allora accadono eventi spiacevoli, per cui le due parti

sono costrette a raffrontarsi per addivenire a una soluzione accettabile per entrambi.

@Silvia De Angelis

https://silviadeangelis4.blogspot.com/

Acquedotto di Antonella Anedda

Una tra le più note e valida poetessa contemporanea

almerighi

Antonella Anedda poeta e saggista

Roma. Pioggia debole. Vento: Libeccio.
Intensità del vento: brezza tesa.
Mi sveglio presto per vedere
un acquedotto lungo come un treno
tra i pini, le nuvole,
un grumo di pecore e di prati.
In treno penso alla pietra sollevata, fermata da una spinta
calcolata, eretta da schiavi, mantenuta da schiavi.
Vedo l’inclinarsi dell’acqua (viene dalle comete)
e il suo mai – riposo, il ritmo delle gocce
(ancora oggi) fino alle fontane.
Quando arrivo mi appoggio a un tronco per guardare.
Guardo in alto. Le arcate scorrono nel vuoto.
Se non sentiamo le grida sotto gli archi di trionfo
e aggiungiamo le parole
arte e architettura e precisiamo: civile,
allora, forse, troviamo un po’ di pace,
la stessa che danno gli scheletri
composti nei musei.

*

View original post

Lucia Triolo legge R. Char: Fogli D’Ipnos

Readaction Magazine

Lucia Triolo

Il bisogno di Char non è qualcosa di misurabile, lo si vive e basta: “Non stenta a crederlo chi ha avvicinato anche una volta sola quella fonte di calore che è René Char uomo” (V. Sereni, Prefazione a R. Char Fogli d’Ipnos, Einaudi 1968, p. 8). 

Char è un punto di partenza che può fare anche a meno di un punto di arrivo perché è un punto di partenza in continuum, iterativo. 

Non immediatamente interessato ad allargarsi in orizzontale, è slancio in avanti per arrampicarsi in verticale e, con un movimento acrobatico, scavare in profondità. Una folgore che accorcia le distanze tra parola e vita in direzione dell’azione: “La parola si fa azione; l’azione scappa dalla parola” (V. Sereni, Prefazione, cit., p.5) ed è trascinata comunque dalla poesia come l’effetto dalla propria causa. Difficile e fuori luogo addentrarsi qui nei meandri del legame tra poesia e azione: ad ognuno che vi fosse interessato poi, penso debba essere lasciato il compito di farne proprie e modellarne articolazioni e forme. Ma quando l’azione diviene luogo di poesia sgorga l’impeto. Io l’ho attraversato questo impeto. Di là da ogni suggestione protoromantica.  Ne ho percepito l’urgenza, per dir così “la fretta di se stesso” e mi ci sono aggrappata, perché è un mezzo di trasporto in cui, senza accorgersene, ti ritrovi ad albergare. Anche se ti sfugge del tutto se sei salita e a quale fermata, se scenderai e a quale fermata, alla fine scopri che saperlo non ti importa più: l’essenziale è “Partecipare allo slancio. Non al festino, suo epilogo” (197).

Il testo di Char di cui parlerò, mi chiama, vorrei poter dire “ci” chiama, anzi “ci richiama” alla responsabilità di questo nostro tempo di confronti così accidiosamente cruciali, così bizzarramente eroici. “Siamo in tempi di guerra” si vocifera da ogni parte. “Guerra per la difesa dei nostri valori” si proclama nei titoli di quotidiani e rotocalchi e nelle nostre TV docili allo zapping e agli spot. E l’impegno della parola si esalta sull’enfatizzazione scimmiesca della figura del nemico. Ma la guerra c’è davvero con il suo carico di tragedia, di morte e i nostri giorni appartengono come quelli di Char ad un tempo “in cui il cielo spossato penetra nella terra, e l’uomo agonizza tra due disprezzi” (36).

Il testo è Fogli d’Ipnos (1943-44), densissima tessitura di 237 aforismi che, assai correttamente, deve essere considerato “uno dei più straordinari diari di lotta che mai combattente clandestino per la libertà, che è prima di tutto libertà morale, abbia scritto” (V. Sereni, Prefazione, cit., p. 5). Vi si legge: “A tutti i pasti consumati assieme, invitiamo la libertà. Il posto rimane vuoto ma il piatto resta in tavola” (131); sono pagine pervase dal pathos di chi, senza albagia, confessa: “Con detriti di montagne ho fabbricato uomini che per un poco daranno aroma ai ghiacciai” (130). Fogli d’ Ipnos (edito inizialmente a Parigi da Gallimard 1948) è un modo di prendere in pugno la guerra, di acciuffarla per il collo facendosela arrivare addosso strisciante, e poi scaraventandola via. Colpisce l’attualità dopo quasi 80 anni, di molte delle sue percezioni. Non si tratta nella sua parola di un apparentamento all’evento bellico in differita, dal momento che a reggerne il peso è il “capitano Alexandre”, nome di battaglia di Renè Char. Vi si incontra l’aspetto intimo della trincea, anche nella sua impenetrabilità di trincea d’anima perché, nel segno dei Fogli, la guerra non si vive soltanto: la si combatte, indipendentemente dal fatto che si sia o meno al fronte, perché se guerra allora fronte. Per paradossale che possa sembrare, vi si allacciano e riallacciano “parentele folgoranti” (“parentela folgorante” è espressione di Char) a fare da staffetta e da controaltare al male folgorante. Vi si legge un libro sotterraneo che di queste parentele e di questo male racconta le vicende e il loro snodarsi nel cacciar l’aria dentro e fuori dai polmoni; talvolta si tratta di uno slancio all’indietro a raccattare cose passate che non possono essere lasciate dove sono (ac)cadute; a trovare loro un posto (cfr. ad es. aforismi 53, 90, 99, 128, 138 146 149)  e quando ciò accade, l’emozione dello slancio diventa gesto d’amore.

Fogli d’Ipnos non è un libro di versi e di rime, di strofe e di stanze, semplicemente incontra il “poeta, conservatore degli infiniti volti di ciò che vive” (83). 

Gli aforismi che lo compongono sono uno specchio di questi voltipronto a riflettere anche la sfilza dei vuoti creati da sfide impossibili, come lo sono appunto quelle belliche, fino a riconoscere anche la negazione di un primato della poesia. “L’ immaginazione che a livelli diversi assilla l’animo di ogni creatura sembra aver fretta di separarsene quando questa non gli propone come compito estremo altro che l’«impossibile» e l’«inaccessibile». Bisogna ammettere che la poesia non è dovunque sovrana” (132). Eppure, proprio in guerra, dove non è sovrana e magari si nasconde murata nel cemento come il carnet degli appunti dei Fogli (cfr. Prefazione, cit. p. 8), la poesia gioca un suo preciso ruolo: “Ecco l’epoca in cui il poeta sente in se stesso levarsi questa forza meridiana d’ ascesa” (162). La poesia fa del fronte il luogo paradossale di uno sforzo estremo di conciliazione. In quest’epoca lo “sforzo del poeta mira a trasformare vecchi nemici in leali avversari: ogni domani fecondo é funzione del buon esito del progetto, specie la dove svetta, s’intrica, declina, è decimata tutta la gamma delle vele ove il vento dei continenti rende il suo cuore al vento degli abissi” (6). Nei Fogli Char non perde mai di vista l’identità poetica, non tanto quella che lo riguarda come uomo, ma quella sanguinante in cui ci si imbatte al fronte e che si lascia percepire in bellezza a dispetto della brutalità: “Nelle nostre tenebre non c’è un posto per la Bellezza. Tutto il posto è per la Bellezza” (237) e la bellezza è materia di poesia anche quando sanguina. A questa sorta di identità poetica sanguinante di cui la maledizione della guerra conserva il volto sfigurato vorrei far cenno. Per il disegno dei Fogli, direi (ma è appena una suggestione, un’impressione), è come se la poesia fosse possibile nell’evento bellico solo a patto di contrarlo nell’atto in cui di volta in volta si consuma, cioè nel qui e ora. Così l’intensità poetica dell’atto bellico e la sua durata (anche se si protrae per mesi o anni) giace nel presente e la sua narrazione dice l’eternità di un istante.  Se l“’atto anche ripetuto, è vergine” (46) e l’ “eternità non è granché più lunga della vita” (110), allora il presente è sempre bambino, non cresce mai; per questo la sua durata nella coscienza non può che essere quella dell’eternità. Non aggiungo altro: sul fronte la fermata Char aspetta con folgorante chiarezza il nostro arrivo.

Dichiaro apertamente il mio debito per queste riflessioni a Vittorio Sereni, alla sua Prefazione all’edizione italiana dei Fogli d’Ipnos. Ad essa rimando volentieri. Senza i suoi suggerimenti e stimoli forse, alcune delle percezioni con cui mi è sembrato di entrare in empatia mi sarebbero sfuggite.

                                      AFORISMI (in base al loro numero nei Fogli)

3) Guidare il reale fino all’azione come un fiore accostato alla bocca acidula dei bimbi. Conoscenza ineffabile del diamante disperato (la vita).

10) Tutta l’autorità, la tattica e l’inventiva non sostituiscono una particella di convinzione a servizio della verità. Un luogo comune, che credo di aver migliorato.

12) Quel che m’ha messo al mondo e me ne scaccerà interviene soltanto nelle ore in cui sono troppo debole per resistergli. Vecchia persona quando sono nato. Giovane ignota quando morrò.

La sola la stessa Passante.

19) Il poeta non può restare a lungo nella stratosfera del Verbo. Deve struggersi in nuove lagrime e muovere più in là nel suo ordine.

20) Penso all’esercito di fuggiaschi con appetiti di dittatura che forse, in questo paese di corta memoria, gli scampati a questo tempo d’ algebra dannata rivedranno al potere.

28) Esiste una specie d’uomo sempre in anticipo sui suoi escrementi.

32) Un uomo senza difetti è una montagna senza crepacci. Non mi interessa.

(Regola di rabdomante e d’ inquieto).

37) Rivoluzione e controrivoluzione si mascherano per affrontarsi di nuovo.

Sincerità di breve durata! Alla lotta delle aquile tien dietro la lotta delle piovre. Il genio dell’uomo, che pensa di avere scoperto le verità formali, adatta le verità che uccidono a verità che autorizzano a uccidere. Sfilata dei grandi ispirati a rovescio sul fronte dell’universo corazzato e ansimante! Mentre le nevrosi collettive si denunziano nell’occhio dei miti e dei simboli, l’uomo psichico mette la vita a supplizio senza aver l’aria di provarne il più piccolo rimorso. Il fiore strisciante, il fiore sozzo volge i petali neri nella carne demente del sole. Dove sei sorgente? Rimedio dove sei? Cambierai finalmente economia?

39) Siamo scissi tra l’avidità di conoscere e la disperazione d’ aver conosciuto. L’aculeo non rinuncia al suo bruciore, noi alla nostra speranza.

42) Tra i due spari che decisero la sua sorte, ebbe il tempo di chiamare una mosca <<Signora>>.

48) Non ho paura. Ho solo la vertigine. Ho bisogno di accorciare la distanza tra il nemico e me. Affrontarlo orizzontalmente.

51) Strapparlo alla terra d’origine. Ripiantarlo nel suolo presunto armonioso del futuro, in considerazione d’ un successo incompiuto. Fargli toccare sensorialmente il progresso. Ecco il segreto della mia abilità.

54) Stelle del mese di maggio…

Ogni volta che levo gli occhi al cielo, la nausea mi sfascia le mandibole. Non odo più salire dal fresco dei miei sotterranei il gemito del piacere, murmure della donna dischiusa. Una cenere di cactus preistorici fa volare il mio deserto in bagliori! Non sono più capace di morire…

Ciclone, ciclone, ciclone…

55) Mai risultando modellato una volta per sempre, l’uomo è ricetto del suo opposto. I suoi cicli descrivono orbite diverse, a seconda ch’egli sia o no in preda a una data sollecitazione. E le depressioni misteriose, le ispirazioni assurde, sorte dal grande esternato crematorio, come costringersi a ignorarle? Ah! circolare generosamente sulle stagioni della scorza, mentre la mandorla palpita, libera…

56) Il poema è scalata furiosa; la poesia, il gioco degli argini aridi.

63) Ci si batte bene solo per le cause modellate con le proprie mani e in cui identificandosi si brucia

69) Vedo l’uomo perduto da perversioni politiche confondere azione ed espiazione, chiamare conquista il suo annientamento.

72) Agire da primitivo e prevedere da stratega.

78) Quel che più importa in certe situazioni è padroneggiare in tempo l’euforia.

90) Una volta si dava un nome a diversi brani della durata: questo era un giorno, quest’altro un mese, questa chiesa vuota, un anno. Eccoci affrontare il secondo in cui la morte è la più violenta e la vita la meglio definita.

97) L’aereo effettua il lancio. I piloti invisibili si sbarazzano del loro giardino notturno, poi spremono un breve fuoco sotto l’ascella dell’apparecchio per avvertire che è finito. Non resta che raccogliere il tesoro sparpagliato. Così il poeta…

98) La linea di volo del poema. Dovrebbe essere sensibile a ognuno.

100) Dobbiamo superare rabbia e disgusto, dobbiamo farli condividere per rilevare ed estendere la nostra azione come la nostra morale.

102) La memoria non sa agire sul ricordo. Il ricordo non ha forza contro la memoria. La felicità non sale più.

107) Alle lagrime non si fa un letto come a un visitatore di passaggio.

115) Nell’orto degli Ulivi, chi era in soprannumero?

116) Non far conto eccessivo della duplicità che si manifesta negli esseri. In realtà il filone è sezionato in tratti molteplici. Ciò sia di stimolo più che motivo di irritazione.

126) Tra la realtà e il suo resoconto, c’è la tua vita che magnifica la realtà e questa abiezione nazista che ne guasta il resoconto.

127) Verrà il tempo che le nazioni sul tracciato dell’universo saranno strettamente interdipendenti, come gli organi di uno stesso corpo, solidali della sua economia.

Il cervello zeppo di macchine, potrà preservare ancora l’esile rivo di sogni ed evasione? L’uomo a passi di sonnambulo si avvia verso le mine omicide, guidato dal canto degli inventori…

139) È l’entusiasmo a lenire il peso degli anni. È la soperchieria proclamare la fatica del secolo.

140) La vita inizierebbe con un’esplosione e finirebbe con un compromesso? È assurdo.

153) Oggi mi spiego meglio questo bisogno di semplificare, di far entrare il tutto nell’uno, nel momento di decidere se la tal cosa deve o no aver luogo. A malincuore l’uomo si allontana dal suo labirinto. I miti millenari lo esortano a non partire.

156) Accumula, poi distribuisci. Sii la parte più densa dello specchio dell’universo, la più utile e la meno appariscente.

161) Mantieni di fronte agli altri quello che hai promesso a te stesso.  Questo il tuo contratto.

168) Resistenza è solo speranza. Così la luna d’Ipnos, con tutti i suoi quarti stanotte, domani visione sul passaggio dei poemi.

174) La perdita della verità, l’oppressione dell’ignominia guidata che ha nome bene (il male, non depravato, ispirato, estroso è utile) ha aperto una piaga nel fianco dell’uomo che solo la speranza del grande lungi inespresso (l’insperato che vive) può alleviare. Se padrone è l’assurdo quaggiù, scelgo l’assurdo, l’antistatico, ciò che più mi accosta alle sorti patetiche. Sono uomo di argini -scavo e insolazione- non sempre potendo esserlo di torrente.

186) Siamo votati ad essere soltanto esordi di verità?

188) Tra il mondo della realtà e me stesso, non c’è più oggi spessore di tristezza.

189) Quanti confondono rivolta ed estro, filiazione e infiorescenza del sentimento. Ma non appena la verità trova un nemico della sua statura, depone la corazza dell’ubiquità e combatte con le risorse stesse della sua condizione. È indicibile la sensazione di questa profondità che si volatilizza concretandosi.

194) Mi faccio violenza per conservare, malgrado l’umore, questa mia voce d’inchiostro. Sicché, è con penna a testa d’ariete, senza posa spenta, senza posa riaccesa, concentrata, tesa e d’un sol fiato che scrivo questo, tralascio quello. Automa della vanità? No, sinceramente. Necessità di controllare l’evidenza, di farla creatura.

195) Se ne esco vivo, so che dovrò rompere con l’aroma di questi anni essenziali, respingere (non reprimere) silenziosamente lontano da me il mio tesoro, risalire al principio del comportamento più sprovveduto come al tempo in cui andavo cercandomi senza mai attingere alla prodezza, in una insoddisfazione spoglia, una conoscenza appena intravista e una interrogante umiltà.

199) Esistono per il poeta due età: quella durante la quale la poesia, sotto ogni aspetto, lo maltratta; quella in cui si lascia follemente baciare. Ma nessuna delle due è definita del tutto. E la seconda non è sovrana.

205) Il dubbio si trova all’origine di ogni grandezza. L’ingiustizia storica si ingegna di non farne menzione. Quel dubbio è genio. Non lo si accosti all’incerto provocato dallo sbriciolarsi delle facoltà della sensazione.

209) La mia inettitudine a sistemare la mia vita deriva dal mio essere fedele non a una ma a tutte le creature con cui mi scopro in seria parentela. Tale costanza persiste nel cuore dei contrasti e delle controversie. Lo humour vuole che nel corso d’una di codeste interruzioni di sentimento e di senso letterale, io immagini quegli esseri uniti nell’esercizio della mia soppressione.

219) Di colpo ti ricordi che hai un volto. Non tutte erano dolorose le linee che ne formavano il volume, una volta. Verso quel molteplice paesaggio si levavano esseri dotati di bontà. Non solo naufragi vi attirava la fatica. Respirava in esso la solitudine degli amanti. Guarda. Il tuo specchio s’è mutato in fuoco. Insensibilmente riprendi coscienza della tua età (che aveva saltato il calendario), di questo aumento d’ esistenza di cui i tuoi sforzi faranno un ponte. Arretra dentro lo specchio. Se non ne consumi l’austerità almeno la fecondità non ne è estinta

227) L’uomo è in grado di fare ciò che non è in grado di immaginare. Il suo capo solca la galassia dell’assurdo.

233) Considera senza impressione che il male trafigge più volentieri i bersagli inconsapevoli, quelli che ha potuto accostare con tutto il suo comodo. Quel che hai imparato dagli uomini -i loro voltafaccia incoerenti, umori inguaribili, gusto del chiasso, soggettività d’ arlecchini- deve esortarti, una volta esaurita l’azione, a non attardarti troppo sui luoghi dei vostri rapporti.