
ll problema di fondo è che il realismo terminale è la rappresentazione narrante di un’umanità sconfitta. Per questo, per esempio, parlare di realismo terminale a braccetto con il potere è un ossimoro. D’altra parte farsi vedere davanti ad una fabbrica o un carcere, a differenza del secolo scorso, viene tacciato di populismo e ricerca di consensi. Cosa rimane? Forse il verso ed il silenzio. Non so, davvero non so. In questi anni di lavoro nel realismo terminale ho cercato di mostrarmi senza veli, con tutti i miei innumerevoli difetti, terribilmente imperfetta come questo mondo. Unico lusso che mi sono concessa è quello di essere sincera fino alla scarificazione e giusta per quello che ho potuto. Ne sono uscita con la schiena traforata come un colabrodo, ma in piedi. Ma niente vittimismi, il realismo terminale racconta proprio questa trasformazione epocale che ci vuole ammassati e paradossalmente soli, abbracciati agli oggetti che intanto hanno imparato a parlare di umanità meglio di quanto siamo stati capaci noi.
Domani ad Acqui Terme, se vorrete, parleremo di questo. Il Gommone Forato parla una lingua che senza sensazionalismi cerca di raccontare il grande smarrimento. I testi poetici si avvalgono della similitudine rovesciata ideata da Guido Oldani e di una consapevolezza delle trasformazioni epocali che stiamo vivendo a cui lui ha dato un nome: Realismo Terminale, di cui Giuseppe Langella è stato grande interprete. Io ho fatto del mio meglio, lavorando tanto, ma sono e rimarrò sempre una figura secondaria rispetto alle logiche standard. Continuerò questo viaggio con la consapevolezza di quello che rimarrà di me: un piè di pagina, forse, ma si prosegue!