
Senza parole le parlai
Lo sentivo sorridere di me
dall’alto delle sue fronde oscillanti
alla brezza mattutina.
Un sorriso indulgente,
che vibrava lungo la corteccia
e che le radici imponenti propagavano
nel ventre della terra.
Con le mani appoggiate al tronco,
assorbivo le vibrazioni
che il saggio albero
m’inviava per spronarmi ad agire,
ad inseguirla, a fermarla.
Aveva capito, l’immobile creatura,
che mentre lei inesorabilmente
s’allontanava,
portava via con sé la mia esile quota
di felicità terrena, custodita
nella dolcezza dei suoi seni
e nella grazia del suo cuore generoso.
Il fusto irto di scaglie
vibrò più forte ed infine
m’indusse a voltarmi:
il corpo sinuoso di lei
diventava a mano a mano più piccolo
e vedevo appena i lunghi capelli neri ondeggiare ad ogni passo
che la separava da me.
E’ troppo tardi,
mormorai al mio austero amico,
che ben mi conosceva, poiché fin da bambino
io gli parlavo e lui mi rispondeva
con la sua vibrante energia.
Ancora più forte tremò il tronco rugoso.
Ed io partii.
Corsi, movendo le braccia come
gli stantuffi delle vecchie locomotive a vapore,
ansimando come i loro fumaioli anneriti,
vorticando le gambe come le loro ruote instancabili.
La raggiunsi.
Mi fermai davanti a lei.
Immobile, senza più respiro,
con gli occhi ardenti, il corpo tremante,
senza parole le parlai.
Lei pose le mani sui miei fianchi,
e accolse in sé i miei sentimenti aggrovigliati.
Tornammo indietro, e quando passammo
accanto al grande albero,
lo ringraziai con il pensiero.
Le fronde mormorarono
un sorriso più largo.
Fabricio Guerrini