SOGNI COAGULI FRA LE PIEGHE
· di Rebecca Lena · in arte, Racconti. ·

Teste tagliate come una torta, perpendicolarmente, ad altezza del naso; vedevo il vero viso d’osso riemergere come punte d’iceberg nel mare di spugna rossa. Era un sogno di stanotte.
Non so bene cosa mi avvolge, a volte mi sta stretto, altre penzola a terra. Il mio corpo non ha mai la taglia giusta.
Mistero: è l’aria che separa me dal mio corpo e il mio corpo dallo spazio vivo d’azione. L’inadeguatezza è il mistero. L’uomo è tale solo in esso.
Se non scrivo, e lascio il mio abito libero di scuotersi al vento, ciò che vivo non ha consistenza; se invece mi concentro, indosso ogni spazio vuoto delle sue pieghe, ecco che la realtà assume tridimensione. Agito e scolpisco un luogo esterno, il caos è più comprensibile, le strutture intermittenti sorreggono la percezione. Tutto è chiaro, nessun simbolo, nessuna morale, nessuna opinione: è struttura atarassica.
Vedo meglio senza pelle, senza occhi. Il mio cappotto di spugna rossa si nutre di me.
Da fuori pare che sia solo: tool: estensione stessa di estensioni varie, protesi alimentata da necessità altrui. Ed io, dentro al suo stomaco, mi nutro di malinconia, e di nostalgia, in una rosa di pieghe libere di aderire o meno.
La culla della malinconia dentro al cappotto è piacere. Forse ha una maglia fitta, un tessuto glauco, verde scuro e addormenta con calore, è come l’assopire stesso delle membra.
La nostalgia invece è una patina dolciastra a tratti acida, è fermentazione di un sogno desto, gli occhi non occhi sono spalancati sull’invisibile. Ho nostalgia di una trasparenza che un tempo possedevo, quando non proiettavo ombra, quando nessuna reazione mi precedeva, e nessun contraccolpo mi seguiva.
Forse, un giorno, sarò uno scarto prezioso di briciole, resti e rigurgiti di sogni: ambra grigia. Maleodorante. Che nasconde un cuore radioattivo, come sulla spiaggia di nessuno.
Ore 17, sono a casa seduta al tavolo. Il vento non smette di levigare il mondo e il latte diviene denso nel mio ventre. Un sigillo è adesso in atto.
In fondo alle tasche, fra queste pieghe, raccolgo un grumo di cose poco importanti: minuzzoli di intuizioni miste al sogno, le schiaccio e le accartoccio fino ad ottenere una piccola pietra calda. Se la terra divenisse pura neve allora lascerei questo sasso sprofondare, una schiuma incredula lo ingoierebbe. Lo lascerei, ma legato a un filo. Scaverebbe una galleria buia fino al ventre profondo del mondo. E là dentro scivolerebbe oltre, ed oltre, e il suo cordone altro non è che un tentativo lieve di creare relazioni, vive seppur invisibili, senza contatto, senza assenso, senza il tempo o attesa di risposta.
La piccola pietra sarà riemersa in qualche luogo adesso, ed è libera di incuriosire chiunque le passi accanto – coloro io scrivo adesso – sull’altro lato del mondo, che siano liberi anche solo di indicarla, di coglierla o lasciarla levigare al vento.
https://player.vimeo.com/video/702801460?h=c7ffb3ed6d&dnt=1&app_id=122963Video creato da me, Sara Tonani, Zist (musica), Sonja Pfenningbauer (performer), Amelie Herm (performer).